Mr. Scorsese – Il Santo Patrono del Cinema si confessa
C’è un momento in Mr. Scorsese, il nuovo documentario in cinque puntate diretto da Rebecca Miller (figlia di Arthur, moglie di Daniel Day-Lewis, quindi sì: il livello di cinefilia genetica è tipo DNA Criterion Collection), in cui qualcuno, dice una cosa che ti apre lo sterno come una lametta: “È un sensualista ma lavora come un minatore. E ha la vocazione dell’uomo di chiesa. E nel caso di Marty capisco che questa è la sua cocaina”.
E tu lì, davanti alla TV, col bicchiere di vino in mano, capisci che non stai vedendo un omaggio: stai assistendo a un esorcismo filmato.
Rebecca Miller mette insieme una specie di confessionale newyorkese dove Marty si lascia andare con una sincerità disarmante. Niente incensi, niente aureole da Maestro: solo il ragazzo asmatico di Little Italy che voleva fare il prete e ha finito per inventarsi Taxi Driver.
È un viaggio nella sua mente febbrile, nel suo cinema e nelle sue colpe. Perché Mr. Scorsese non è tanto un racconto sul cinema, ma una parabola sull’uomo che cerca di capire se stesso, i limiti dell’essere umano nella comprensione della sua situazione e la redenzione attraverso la macchina da presa.
E poi c’è De Niro. Sempre lui. L’alter ego, l’amico, il fratello tossico con cui condividi la sigaretta e l’inferno, uno che anche in vacanza a Saint Martin sembra un tassista psicopatico o un pugile in delirio di onnipotenza.
Il documentario mostra quanto davvero i film dei due – Toro Scatenato, Taxi Driver, Casinò, Re per una notte – siano stati scritti “a quattro mani”. Cioè: uno porta la rabbia, l’altro la mette a fuoco.
Scorsese racconta con gratitudine, quasi pudore, che molte delle sue idee più forti sono nate da una scintilla di De Niro. E capisci che senza Bob, forse Marty sarebbe un brillante studente di una scuola di cinema ridotto a girare pubblicità di macchine fotografiche giapponesi per pagarsi la cocaina.
Ma la parte più potente è quando il regista si toglie la maschera. Parla dei suoi limiti, delle figlie trascurate, dei demoni della droga, della rabbia che lo ha divorato e che poi ha trasformato in arte. Quella rabbia è diventata cinema. Quella disperazione è diventata grazia.
E lì, nel silenzio, ti viene voglia di dirgli: “Grazie, Marty, perché da peccatore ci hai fatto capire che il cinema può essere una forma di preghiera.”
Il documentario non inventa nulla, certo. Molte cose le sapevamo già. Ma è la sincerità a colpirti. È un uomo che non finge più di essere un regista: è un regista che ammette di essere un uomo.
E quando alla fine vedi Scorsese concedersi all’obiettivo del telefono della figlia per pubblicare un selfie o un video sui social, quando scopri l’amore e la cura dell’ultima delle sue mogli gravemente nalata, la pasienza nell’accudimento, ti rendi conto che Mr. Scorsese è una specie di Goodfellas spirituale. Solo che invece dei gangster, qui si redimono gli artisti.
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Voto Coccinema: 🎬🎬🎬🎬½ su 5
Motivazione: sincero, intimo, necessario. Un film su Scorsese che, per una volta, non cerca di imitarlo — lo capisce.
Frase chiave: “Sì, il peccato è piacevole”.
E forse vale per tutti noi che guardiamo film per sentirci vivi.
Ecco le migliori frasi e citazioni di Mr. Scorsese
Le migliori frasi e citazioni di Mr. Scorsese
Arte è sinonimo di crudeltà. Per essere artisti bisogna essere crudeli
La musica è la forma d’arte più pura.
Sì, il peccato è piacevole.
Mi guardo e disse: cosa vuoi fare? Vuoi morire così?
Se volte fare Rocky 2 dovete produrre Toro Scatenato.
Provavamo sempre cose nuove. Sapeva dove era il guard rail, ma non aveva paura di sperimentare.
Non è prendere il materiale e stravolgerlo per divertimento ma capire che c’è qualcosa di vero ed esplorarlo con i tuoi collaboratori ovvero gli attori.
Volevo il bordo del fotogramma. Come se le cose uscissero dal film.
Con Marty la cinepresa è sempre al servizio di qualcosa che per lui è istintivo. Un sensazione profonda. Ecco perche funziona. Ecco perchè non è solo bella ma è significativa. Daniel Day-Lewis
È un sensualista ma lavora come un minatore. E ha la vocazione dell’uomo di chiesa. E nel caso di Marty capisco che questa è la sua cocaina.
Non posso dire “vi darò un lieto fine”. Non lo so.
Mi piace il dentista è un uomo simpatico e anche l’unico posto in cui posso riposarmi.
Marty ha capito che è un artista, può essere egoista nella sua arte, ma non deve essere egoista nella sua vita.
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