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Horizon – An American Saga: Capitolo I: l’America è nata nel Far West

Horizon_an_american_saga_posterDue alberi, un fiumiciattolo, intorno ad essi uomini bianchi fanno dei rilievi: vogliono costruire delle case, ma sono osservati. Inizia così Horizon – An American Saga: Capitolo I, nelle intenzioni la mastodontica tetralogia con cui Kevin Costner vuole raccontare come gli Stati Uniti siano nati non nelle strade di Scorsese ma nel Far West dei film western.

Quel pezzo di terra intorno a cui si concentrano i desideri di uomini e donne di etnie diverse è la metafora perfetta della nazione e del mondo: polvere, sassi, formiche e acqua dove  trovare rifugio, realizzare i propri sogni, costruire una città, ma per crescere e proliferare l’uomo deve “starci sopra e non sotto quella terra”. È una lotta per la sopravvivenza e per le proprie ambizioni, ogni singola aspirazione è un mattoncino, poggiato per costruire un grande Paese. La malta per tenere insieme centinaia di migliaia di mattoncini di carne è il sangue.

È per tutti questi motivi che Horizon ha bisogno di un respiro così ampio. Poteva essere una serie tv? Come impostazione lo è : tante storie, tanti luoghi diversi, tantissimi personaggi, ma l’occhio del regista è cinematografico e questo Horizon – An American Saga: Capitolo I va visto in sala per godere gli spazi, le montagne come monumenti e cercare l’orizzonte, spinto ogni giorno più in là.

Intorno e dentro il pezzetto di terra della San Pedro Valley inizia una guerra tra individui. C’è una tribù di Apache, divisa tra gli anziani, favorevoli alla convivenza con “gli occhi chiari”, e i giovani, più impavidi, irrequieti, che mal vedono quei bianchi che vogliono stabilirsi sulla loro terra. Vi ricorda qualcosa?

Da qui Costner ci porta in un tour del West – Wyoming, Montana, Arizona  negli anni immediatamente antecedenti e durante la Guerra Civile Americana. Incontriamo la piccola comunità di Greater Day, dove spicca la bellezza di Frances Kittridge (Sienna Miller), spazzata via dagli Apache “White Mountain”; poi le giubbe blu guidate dal tenente Trent Gephardt (Sam Worthington), incapace di comprendere il motivo per cui i coloni siano disposti a spostarsi in luoghi tanto pericolosi. Da qui un gruppo di cacciatori di taglie, guidato da Elias, si staccherà per cercare vendetta. Tra di loro il giovanissimo Russell: gli indiani hanno ucciso entrambi i suoi genitori. Il suo sarà un viaggio di formazione attraverso l’odio e l’ingordigia degli uomini. Poi c’è Lucy (Jenna Malone), in fuga da un uomo violento e la sua famiglia di psicopatici, i Sykes, inseguita fino al punto in cui incrocerà il suo destino con Hayes Ellison (Kevin Costner), cowboy vagabondo. Sarà lui a salvare il figlio di Lucy e la prostituta Marigold (Abbie Lee), portandoli al sicuro. Poi c’è la carovana guidata dal capitano Matthew Van Weyden (Luke Wilson), embrione di una nuova comunità, portatrice di valori ma anche di uomini folli e malati, oltre a qualche cittadino troppo abituato alle comodità.

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«Ehi tu porco togliele le mani di dosso»

Horizon – An American Saga: Capitolo I nasce per essere una tetralogia. I primi due capitoli escono nell’estate 2024 (il secondo è atteso a metà agosto 2024), mentre tra qualche mese dovrebbero iniziare le riprese dei prossimi film. Condizionale d’obbligo perché i primi risultati del botteghino non sono esaltanti, Costner già ha ipotecato una delle sue proprietà, ma il regista e attore è intenzionato ad andare avanti a ogni costo. Nessuno lo ha seguito in questa avventura, ha dovuto metterci del suo. Siamo di fronte all’ambizione di “scrivere” un grande romanzo americano negli anni fondanti della nazione. La Guerra Civile Americana è un evento che “ascoltiamo” fuori campo, nei racconti di qualcuno, nello sguardo rivolto ai soldati che partono verso il fronte. Con così tanta voglia di raccontare, Costner e lo sceneggiatore Jon Baird ogni tanto si perdono dentro degli spiegoni, lunghi racconti di chi prova cosa, didascalie pedanti su emozioni e reazioni, non necessarie spiegazioni a silenzi o follie. Come se John Ford fosse cresciuto guardando il cinema di oggi, Avengers o cinecomics, premurandosi di far capire proprio tutto allo spettatore munito di bavaglino e pannolino. E anche i siparietti romantici sono troppo smielati e quelli comici troppo ingenui, come se nella foga di omaggiare il cinema western classico, Costner abbia perso la “misura”, almeno in questo pensando il suo pubblico bisognoso di essere preso per mano, incapace di comprendere cosa sentire o quando ridere.

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Bel cappello

Al di là di tali incertezze, Horizon – An American Saga: Capitolo I si rivela sorprendentemente teso, con lunghe sequenze di duelli, annunciati da guerriglie psicologiche, spettacolari scene di crudeltà, scalpi, villaggi dati alle fiamme. Ma Costner insiste tanto anche nella costruzione psicologica dei personaggi e delle collettività, perché i singoli individui, i loro pensieri, i loro sogni costituiscono una coscienza collettiva che insegue i suoi obiettivi con una traiettoria sghemba. Esemplare la storia di Elias e il suo gruppo di tagliagole: l’uomo si illude di poterli guidare a una vendetta “giusta”, ma il tempo, le difficoltà, la fame, la fatica e la bramosia porterà lui e il giovane Russell fuori strada. E sebbene i soliti disattenti – criptowoke (ma anche quelli non cripto) hanno criticato come sono narrati i nativi americani (“cattivi, spietati, crudeli, assetati di sangue” come se al cinema fosse un difetto). Su di loro, però, Costner indugia non per raccontare lo stile di vita, nostalgicamente rivendicando un ritorno alla natura, ma evidenziando invece il conflitto tra anziani e giovani, la difficile missione di bilanciare la difesa del territorio o sapersi adattare alle mutate condizioni, tra cui l’arrivo dell’uomo bianco. È in queste complessità e la voglia di esporle prendendosi del tempo che Horizon – An American Saga: Capitolo I vince la sua battaglia: raccontare la frontiera, raccontare le ambizioni di uomini e donne, omaggiando il cinema classico ma portandolo nel nostro tempo e non limitarsi a usare i pronomi giusti, non guardare il passato come lo avremmo voluto noi, ma indagarlo come è, amandolo come è stato e come non è più. Uomini e donne, sempre uguali che combattono intorno a un torrente e due alberi. Nei secoli dei secoli.

bianca nanni moretti pagelle stellette cinema coccinema****½ Fa un po’ di tutto, anche se tutto quello che fa è bello ma inutile, un po’ come la matematica pura: magari non serve, ma è sublime.

Ecco le migliori frasi e citazioni di Horizon – An American Saga: Capitolo 1

Le migliori frasi e citazioni di Horizon – An American Saga: Capitolo 1

-(Riferendosi alle croci) E non lo avete preso come un segnale?
-Sì e infatti ci siamo messi da questa parte del fiume.
-E pensate sia stata una buona idea?

Aspetterai gli occhi chiari nella pianura e non dormirai. Tuayeseh (?)

Gli occhi chiari sono venuti a infilare bastoni nella terra e a noi porterà sventura che l’abbiano fatto. Tuayeseh (?)

Sono felice che i miei figli sappiano chi sono. Tuayeseh (?)

Non c’è esercito sulla Terra che possano fermare quei carri. Col. Albert Houghton

È una terra fortunata basta starci sopra e non sotto.

Se convinci abbastanza gente a pisciare giù da una collina forse li convincerai a fondare una città. Sykes jr.

È così che sopravviviamo: Mantenendo il passo. Matthew Van Weyden

Niente più cinesi. Solo chi parla la nostra lingua.

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