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Civil War: recensione e migliori frasi

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Civil War è il film di Alex Garland del 2024 che ipotizza un futuro distopico in cui un Presidente USA responsabile di aperte violazioni della Costituzione è deposto da un’alleanza di stati secessionisti.


La mappa degli Stati Uniti riflessa sul vetro di una finestra trema per le vibrazioni delle esplosioni mentre ascoltiamo il Presidente degli Stati Uniti: rivendica un’importante vittoria miliare nella prosa eccessiva che ricorda tanto Trump.

«Qualcuno l’ha già definita la più grande vittoria di sempre nella storia della campagne militari».

Lee Smith si muove nel suo elemento naturale mentre la rivolta ribolle e una folla indistinta assale dei soldati. Lei è una foto giornalista e vediamo uomini e donne che protestano attraverso il parabrezza di un’auto con su scritto “Press”. E a quel punto Jesse, aspirante fotografa, fa una foto a Lee. Potrei andare avanti ancora un po’ se solo la memoria mi aiutasse o avessi preso abbastanza appunti, ma Civil War è che un film sui punti di vista, una riflessione sullo sguardo. Noi guardiano persone che guardano e registrano la guerra, la violenza, i massacri o anche l’assurda tranquillità di una città illusa di vivere ancora la normalità. Loro, i giornalisti, i fotoreporter hanno gli occhi pieni di immagini di assassini, sangue, uomini bruciati vivi, i loro “scatti” li inseguono sotto la doccia o li perseguitano mentre provano di dormire. I giornalisti e gli inviati di guerra sono anestetizzati alla violenza che scrivono e fotografano.  È l’amara verità. E noi?

“Noi registriamo perché gli altri chiedano. Questo fanno i foto giornalisti”

Civil War racconta qualcuno che racconta qualcosa e noi, seduti al buio, guardiano loro, come noi ormai facciamo ogni giorno attraverso i nostri schermi, – tutti, telefonino, monitor, televisore – pensando di assistere allo spettacolo della verità. E anche la maggior parte di noi è anestetizzata. Lo sceneggiatore e regista di Civil War, Alex Garland, parla del nostro tempo. Racconta gli Stati Uniti devastati da una guerra civile, da un presidente che ha violato troppe leggi, costringendo i suoi cittadini a ribellarsi. California e Texas scendono in guerra contro il governo federale, ma non esistono i buoni nel multiverso della follia dell’America di Trump del futuro. L’esercito degli Stati ribelli vuole ristabilire la legalità democratica o separarsi dagli altri? Il dubbio ci tormenta quando vediamo la bandiera con solo due stelle e i soldati ribelli sono altrettanto crudeli di quelli presidenziali: esecuzioni sommarie, stragi di civili, fosse comuni. E noi assistiamo allo show, insensibili, privati della possibilità di empatizzare con chi che sia anche perché i dettagli della situazione politica non sono noti e anche noi, come i foto reporter e i giornalisti, ne abbiamo viste troppe.

 

Le città degli USA sono dilaniate dalle bombe, somigliano più a Gaza che alle skyline che abbiamo imparato a conoscere. L’obiettivo della foto reporter Lee e del collega giornalista Joel è raggiungere Washington per realizzare un’ultima intervista al presidente e scattargli delle foto. Qui c’è il mio primo cedimento alla realismo dei nostri giorni: oggi, frega ancora qualcosa delle dichiarazioni e delle immagini di un politico bugiardo patologico? Ad Alex Garland non interessano le premesse politiche, del perché California e Texas hanno unito le armi contro il governo federale, del perché la Florida abbia creato una propria alleanza. Garland lascia tutto molto vago, intanto perché è meglio se i puntini li unisce lo spettatore e poi perché non vuole prospettarci ciò che potrebbe accadere, realizzare un’accurata profezia sui prossimi anni. A lui interessa come ormai guardiamo il dibattito politico, la guerra, lo sterminio. E Civil War è anche la storia di un viaggio attraverso un paese distrutto: enormi supermercati abbandonati con lo scheletro di un elicottero bruciato a fare da triste guardia al suo ingresso; scritte sui palazzi “Building America” ricordano come un paese vada costruito insieme, non distrutto dagli egoismi; il pick-up della stampa attraverso boschi in fiamme come il Paese in cui vivono; incontri pericolosi con ignoti cecchini o soldati pazzi (fantastico Jesse Plemons) dritti fino a Washington, con la svolta finale, telefonata, prevedibile. Forse il punto debole di Civil War è proprio l’intreccio tra le due fotoreporter e la sua scontata conclusione.

Qualcosa sul cast. Di Kirsten Dunst abbiamo fatto una grande attrice, anche se io non posso far a meno di fissarmi sul suo robusto seno. Wagner Moura conferma quanto di buono già mostrato negli ultimi anni. Il presidente di Nick Offerman crea un interessante ponte tra il complottasti red neck di The Last of Us (sì, dell’episodio di cui avete parlato tutti). Chiudo ricordando un film che vidi molti anni fa, La seconda guerra civile americana di Joe Dante, di cui questo Civil War è un interessante sviluppo.

Ecco le migliori frasi e citazioni di Civil war

Le migliori frasi e citazioni di Civil War

Qualcuno l’ha già definita la più grande vittoria di sempre nella storia della campagne militari. Presidente

 

Pensi che interessi a qualcuno se pubblichi con quel che resta del New Tork Times? Joel

 

Noi registriamo perché gli altri chiedano. Questo fanno i foto giornalisti. Lee

 

Jesse: La scelta è mia.
Lee: Sì e te lo ricorderò quando darai di matto o ti spareranno.

 

Il rapporto tra scartate e salvate e tipo 30 a 1. Lee

 

Guarda che nessuno ci dà degli ordini. C’è qualcuno che ci vuole uccidere e noi vogliamo uccidere lui. Soldato

 

Dai retta a questo vecchio. Dormi ogni volta che puoi: non sai mai cosa ti aspetta appena girato l’angolo. Sammy

 

Jesse: Dov’è Joel?
Lee: Sta elaborando.

 

In questi ultimi giorni non ho mai avuto tanta paura in vita mia e non mi sono mai sentita più viva. Jesse

 

Joel: Una dichiarazione.
Presidente: Non lasciare non lasciare che mi uccidano.
Joel: Si questa va bene.

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