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American fiction: recensione, migliori frasi e citazioni

Il professor Thelonious “Monk” Ellison ha qualche problema con la sensibilità woke degli studenti: durante la sua lezione di letteratura vuole sentirsi libero di scrivere sulla lavagna la parola “negro” senza che gli studenti bianchi si offendano o piangano, costringendolo a incazzarsi. Perché il professor Ellison è di colore e proprio non sopporta tutta questa “consapevolezza” da parte di ragazzi e ragazze wasp. Oltretutto Ellison è uno scrittore, apprezzato, ma di nicchia, è da un po’ che non pubblica: gli editori bollano il suo nuovo libro “non abbastanza nero”, perché non parla di ghetto, droga, ragazze madri e pollo fritto. Dopo l’ultimo scontro con gli studenti, Ellison è messo in aspettativa e decide di tornare a casa. La prima lezione che apprendiamo da American Fiction, film di Cord Jefferson premiato con il premio Oscar alla Migliore sceneggiatura non originale con protagonista Jeffrey Wright, è proprio questa: mai tornare a casa. Qui, Monk è assorbito dalle dinamiche e dai problemi familiari, per lungo tempo tenute a distanza, trasferendosi dall’altra parte del Paese. Poi accade un po’ di tutto: la sorella muore all’improvviso durante l’aperitivo e i sintomi dell’Alzheimer della madre diventano sempre più evidenti. Monk è costretto a prendere in mano le redini della famiglia, mentre suo fratello Clifford se ne tiene a distanza, causa un divorzio dispendioso e uno stile di vita “al limite”.

 

 

 

 

 

Irritato dal successo tra i bianchi dei libri “per neri”, in una notte buia, lunga e tempestosa Ellison scrive un romanzo intriso di cliché sugli afro-americani che tanto vanno di moda. Si inventa uno pseudonimo e spedisce il manoscritto alle case editrici. Con sua sorpresa qualcuno gli offre una montagna di soldi per pubblicarlo. Come se non bastasse arrivano proposte per adattamenti cinematografici e Monk, sempre più in ristrettezze economiche, accetta i soldi con l’obiettivo di palesare prima o poi l’assurda vicenda e prendersi una rivincita sul “sistema”.

American Fiction è un ragionamento tridimensionale sui rapporti tra bianchi e afro-americani negli USA del XXI secolo. Il nostro protagonista è un “bianco” con problemi “da bianchi”: non è mai stato nel ghetto, è cresciuto in una famiglia della classe media americana, il padre era un medico e tradiva la madre, ma ha garantito a tutti un’istruzione importante. Monk vuole essere riconosciuto come autore, deve fronteggiare l’invecchiamento della madre e i conflitti con i fratelli. Soprattutto per Monk le differenze di razza andrebbero superate e non accentuate.

È il contrario di quanto chiede la società ancora in tutto e per tutto controllata dai bianchi, che chiedono più “contenuti” sui neri che confermino i loro pregiudizi. “I bianchi pensano di volere la verità, ma non è così. Cercano solo di essere assolti”. In queste ricerca di assoluzione, attraverso gli strumenti del mercato, i bianchi perpetuano il loro controllo sui neri, sfruttandoli e alimentando il conflitto. Nessuno si rende conto del paradosso rappresentato dall’autore “impersonato” da Ellison: un evaso, lo pseudonimo Stagg R. Leigh, che si tramanda da generazioni attraverso canzoni e storie orali; l’aperta provocazione del titolo del libro, Fuck, mentre Monk prospera e solo perché nero è invitato nella giuria di un prestigioso premio letterario che lui, autore impegnato non ha mai vinto, ma dovrà giudicare se stesso e il suo romanzo “black”.

 

 

American Fiction graffia, fa ridere, fa pensare, forse un po’ troppo, soprattutto quando Monk, sul finale, si trova a vedere una foto con una bambina nera indecisa se prendere un Cicciobello bianco o uno nero, o quando fuori dal set dove si sta girando il “suo” film incontra una comparsa di colore, vestita da schiavo: si guardano, si riconoscono, si scambiano un cenno di comprensione. Cosa bisogna fare con questi bianchi?

American Fiction è disponibile in streaming su Prime Video.

Ecco le migliori frasi e citazioni di American Fiction.

Le migliori frasi e citazioni di American Fiction

 

Io odio Boston, c’è la mia famiglia a Boston. Monk

 

Sono un chirurgo plastico, se vedo un cadavere qualcosa è andato davvero storto. Cliff

 

Agnes: Mi fa piacere che tu non sia bianca.

Coraline: Anche a me.

 

No le cialde, il te buono per gli ospiti.

 

I bianchi pensano di volere la verità, ma non è così. Cercano solo di essere assolti

 

Monk: Più faccio lo scemo e più divento ricco.
L’agente: Ora sai perché i miei si trasferirono qui da Portorico quando ero piccolo.

 

Le mezze tinte non portano culi al cinema.

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