L’ultima volta che siamo stati bambini e pensavano “C’è ancora domani”
Nutrivo un forte pregiudizio nei confronti di L’ultima volta che siamo stati bambini, esordio alla regia di Claudio Bisio. Non è mai stato esattamente un Troisi o un Benigni ma nemmeno Cortellesi è stata una Monica Vitti, ma i due comici hanno usato i meccanismi della commedia che conoscono molto bene per raccontare storie di impegno sociale e civile, incarnando le sorprese più belle del cinema italiano della fine del 2023.
Perché voi italiani fare sempre casino.
La vicinanza tra C’è ancora domani e L’ultima volta che siamo stati bambini
Con C’è ancora domani, L’ultima volta che siamo stati bambini condivide il contesto storico: 1943, il fascismo si è sciolto, ma Roma è ancora occupata dai nazi-fascisti, mentre nel film di Cortellesi siamo alla vigilia del referendum fra monarchia e repubblica. Se nel secondo titolo c’è un contesto più definito, l’adattamento del romanzo di Fabio Bartolomei, sceneggiato da Bisio e Fabio Bonifacci, si muove dentro l’Italia fascista e i suoi protagonisti nuotano in quell’acqua ristagnante. Italo è il figlio minore del Federale Anacleto Barocci (interpretato proprio da Bisio), Vanda è un’orfana che nessuna famiglia vuole, Cosimo è figlio di un prigioniero politico incarcerato per aver osato esprimere in pubblico il suo disprezzo per Mussolini. La prima volta che incontriamo Riccardo è quando Cosimo e Italo lo picchiano perché ebreo, ma, come a volte capita tra bambini, l’amicizia scaturisce dai contrasti e i tre diventano inseparabili, finché a loro si aggiunge Vanda. Insieme vivono mille avventure per le strade di una Roma distrutta, tra la fame e i rastrellamenti; i loro giochi sono purtroppo quelli di guerra, fino a quando Riccardo è portato via insieme alla sua famiglia. Ecco allora che questi giovani di strada si trasformano nei Goonies e partono alla ricerca di Riccardo, disposti ad arrivare fino in Germania per salvarlo, trasportando con loro un’arma segreta, “come quella di Hitler”. Quando gli adulti si accorgono che i bambini mancano, saranno suor Agnese e il fratello maggiore di Italo, Vittorio, a mettersi alla loro ricerca. Si aggiungono così strati alla storia, il percorso parallelo di bambini e adulti si intreccia, ognuno a modo suo prende coscienza dei fatti, della realtà personale e politica, della soverchiante oscurità in tempi terribili, quando l’amicizia è una candela tremolante al vento e va protetta a ogni costo.
Preferisco di gran lunga gli imboscati agli eroi.
Bisio usa la commedia anni Sessanta per dire la sua e aprire qualche squarcio sul nostro tempo, così come Cortellesi usava la scatola dei neorealismo per coinvolgere lo spettatore; in più L’ultima volta che siamo stati bambini e C’è ancora domani sono uniti da un finale a sorpresa di straordinaria potenza civile e morale, un richiamo a tutti, all’importanza dei gesti, delle parole e dell’impegno personale. Un finale anche qui accompagnato da un brano di straordinaria potenza evocativa. Un po’ naif e tirato via in alcuni punti, ma la potenza di questi Goonies cresciuti tra il Ghetto di Roma e il quartiere San Lorenzo sta nella capacità di ricordarci la forza delle amicizie nate nei momenti fondanti della nostra esistenza come uomini e donne che si affacciano nel mondo, da far venire voglia di cercare su Facebook il nome dell’amichetta e/o dell’amichetto con cui giocavate da bambini, con cui avete condiviso forse il mondo, anche se allora non lo sapevate. È un diritto dei bimbi di ogni razza e etnia poter anche dimenticare la morte o spostare un po’ più in qua il ricordo de “l’ultima volta che siamo stati bambini”.
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