Vai al contenuto

The Creator: Un viaggio sci-fi controverso con John David Washington

thumbnailimage.aspxThe Creator è il film fantascientifico di Gareth Edwards, al ritorno dopo Rogue One, con John David Washington.

Il problema di The Creator è di voler essere tante cose tutte insieme e non sapersi decidere su che strada prendere.


Anno 2065, gli Stati Uniti e i suoi alleati sono in guerra contro gli androidi animati dall’Intelligenza Artificiale. I primi rifiutano qualsiasi forma di IA, i secondi sono stati accolti e protetti dalle Repubbliche Asiatiche. Contro di loro si scatena l’apparato industriale-militare degli Stati Uniti per distruggere il nemico, responsabile di un attentato con arma nucleare a Los Angeles.

Chiaro quanto l’attualità influenzi The Creator in più animato da un afflato filosofico sul tema, anch’esso attualissimo, dell’intelligenza artificiale. Non si parla di ChatGpt, ma di androidi che sognano pecore elettriche: sono umani? Sono macchine? Meritano di avere i nostri stessi diritti? Il film affronta tutto in modo alquanto incerto, capace di sostenere una tesi e di sconfessarla in uno dei tanti finali di un’opera che sembra non finire mai.

Andiamo con ordine. Abbiamo scritto come The Creator voglia essere tante cose. Inizia come un action: l’agente statunitense sotto copertura Joshua (John David Washington) si ritrova vittima lui stesso dell’attacco dal cielo della super macchina che gli americani hanno costruito per distruggere gli androidi. La corazzata volante Nomad scansiona la superficie terrestre dal cielo prima di bombardarla con il suo carico di morte. La caccia senza quartiere è al “creatore”, colui che ha inventato e perfeziona costantemente l’intelligenza artificiale; nello scontro, Joshua perde moglie e la figlia che la donna portava in grembo. Alcuni anni dopo l’intelligence americana scopre che il “creatore” avrebbe perfezionato l’arma definitiva, quella che potrebbe far pendere le sorti della guerra dalla parte degli androidi. Così chiedono a Joshua, depresso e puzzolente, di tornare sul campo. Per convincerlo gli mostrano un’immagine digitale della moglie, a quanto pare sopravvissuta all’attacco di anni prima.

907468-the-creator-bande-annonce-de-la-nouvelle-oeuvre-de-science-fiction-de-gareth-edwards
«Tanto sono fico che recitare non mi serve a un cazzo»

Così Joshua torna sul campo di battaglia soprattutto per ritrovare la moglie. Come Ripley e Rambo affronta i suoi fantasmi del passato. Il confronto con Rambo nasce spontaneo: luoghi, ambienti e vegetazione sono quelli del Sud-est asiatico. Ritroviamo le immagini di guerra dei telegiornali degli anni Settanta, Apocalypse Now e tutto l’armamentario folle di ogni conflitto. Tra un massacro di civili e la risposta altrettanto spietata degli androidi, Joshua scopre “l’arma”: una bambina, capace di entrare in qualsiasi dispositivo elettronico, digitale, tecnologico e comandarlo. Le basta giungere le mani. Così The Creator attraversa la sua fase Leon: Joshua porta con sé controvoglia l’arma-bambina mentre cerca la moglie, evitando gli americani, ma anche gli altri androidi. Il tutto con qualche tributo anche a Il Bambino d’oro, senza contare Blade Runner, presente negli occhi e nella testa fin qui.

The-Creator-Trailer-Cover
«Suzuki»

Non stupisce come il primo cut fosse di 5 ore. The Creator è stato sottoposto a pesanti tagli e chissà forse poteva essere una miniserie tv. Chissà, forse quel formato avrebbe dato lo spazio necessario per sviluppare tutte queste pulsioni ideali e creative.

Il finale si consuma nel tentativo di disattivare l’arma più potente del nemico: in un clamoroso rovesciamento, i cattivi diventano gli americani, i buoni sono i cinesi, ansiosi di libertà, tanto che riesce difficile pensare che The Creator possa essere stato finanziato con dei dollari e non con degli Yuan. L’americano medio reagirà con un “prendiamoci Taiwan” e un cinese medio con “cazzo Taiwan è nostra, ci vado a nuoto e me la riconquisto”, e, al di là delle intenzioni di Gareth Edwards e Chris Weitz, entrambi sceneggiatori e il primo anche regista, si fa fatica a vedere la Cina tra i paladini della libertà da Tienanmen in poi e giudicare The Creator come un film “pacifista” anzi: politicamente soffia sul fuoco di una rivalità che sta già tracimando in sguardi cagneschi di qua e di là del Pacifico.

Un’altra incoerenza richiede una spoiler abbastanza pesante, quindi proseguite con cognizione di causa. Il film gioca sull’androide-altro, identificabile col migrante, che sia africano, asiatico o messicano, sulla loro inferiorità, sulla mancanza di diritti, sull’impossibilità del riconoscimento di una loro “umanità”. Gli americani ripetono “non è umano, risponde a una programmazione” e invece l’obiettivo di Edwards e Weitz è di farne cogliere l’umanità.  Nell’immaginario sci-fi di Edwards e Weitz, vediamo dei bonzi e dei sacerdoti androidi per visualizzare il comune afflato tra Uomo e macchina alla comprensione del nostro destino e alla ricerca di un’entità superiore. Quando Joshua scopre che la moglie Maya (Gemma Chan, che dio la benedica sempre) altro non era che il “creatore” e che è tenuta in vita artificialmente da un respiratore ecco l’atroce rivelazione: gli androidi non possono staccare il respiratore e lasciare andar via in pace la donna, perché non risponde alla loro programmazione. Quindi, l’atto più umano e difficile di tutti, togliere la vita a un altro essere vivente come gesto di pietà supremo e di suprema umanità, lo può compiere solo un Uomo: sarà Joshua a staccare il respiratore alla moglie. Ma allora lo vedi che in verità sono solo delle macchine programmate per sembrare umane? Insomma il dubbio si chi e cosa sia l’umano sembra abbastanza irrisolto.

the_creator_film3

Non è l’unica difficoltà della sceneggiatura, come abbiamo già scritto forse penalizzata dai tagli, tra soluzioni facilotte e arzigogolate spiegazioni su un clima geopolitico difficile, alimentato dal confronto sull’intelligenza artificiale.

The Creator non è un film con solo problemi. Il design del futuro, la tecnologia, tutto l’aspetto visivo è curato e molto bello. Nomad si ispira fortemente a Evangelion, l’aspetto” degli androidi e anche la geografia delle battaglie e i botti non sono male, anche se ci arrivi sostanzialmente fregandone delle sorti dei personaggi, riflessi di troppi cliché, troppe idee tutte poco approfondite. Negli esseri umani morti resta un’eco per alcune ore che consente di scaricare la loro “coscienza” e addirittura poterla caricare su un androide ed è un bel pensiero rassicurante sulla morte che ho apprezzato.

Ecco perché al netto dei tanti problemi, The Creator ha più i contorni dell’occasione sprecata piuttosto che del film riuscito. Una delusione anche perché Edwards aveva così bene impressionato con Rogue One e, personalmente il suo Godzilla non mi è dispiaciuto.

fight club stellette cinema** Ragazzi, state commettendo un grosso sbaglio.

Lascia un commento