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Queer, amore disperato (e molto sudato e alcolizzato e…)

Queer di Luca Guadagnino: trama, recensione e le frasi più forti e memorabili del film con Daniel Craig presentato a Venezia.

In concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, Queer è il nuovo film di Luca Guadagnino con Daniel Craig spogliato dello smoking alla James Bond e in delirio schizoide da mescal e droghe varie in una Città del Messico molto cinematografica e irreale. 

È un amore disperato quello che fatica a decollare e si perde tra le allucinazioni di un fungo della foresta fluviale tra William Lee (Craig per l’appunto) ed Eugene Allerton (Drew Starkey), un trip esistenziale tra eroina, amore tossico e Messico che sembra un dipinto di Hopper che ha sniffato glitter e polvere da sparo.

«Portace ‘nantro litro che noi se lo bevemo»

Già dal titolo il nuovo film di Luca Guadagnino – dopo il cannibalico Bones and All e il tennistico Challengers – è una dichiarazione di indipendenza e probabilmente il suo film più personale. Non voglio pensare cosa possa accadere nei social media: Instagram ha censurato meno capezzoli di quanti post ha nascosto col solo uso della parola. Ma tranquilli: dentro si dice “queer” almeno dodici volte. E “fags” due. Quindi il comitato woke può flaggare un bel po’ di voci, potete rilassarvi.

Che cos’è l’amor

Basato su un romanzo breve (ma non breve abbastanza per alcuni spettatori) di William S. Burroughs, scritto nei ‘50 e pubblicato solo negli anni ’80 perché “troppo gay” (invece oggi siamo messi meglio con Trump?) Queer è la storia di William Lee, interpretato da un Daniel Craig in modalità “mi sono perso nella vita e anche in questa stradina messicana”, che si aggira tra vicoli roventi, bar sporchi e sogni infranti di Città del Messico con lo sguardo dell’uomo che sa già che non finirà bene, in mezzo ad altri expat statunitensi tutti alla ricerca della tessa cosa. E il nostro Craig inizia in Queer allupato e arrapato in cerca di sesso che facilmente trova. È molto esplicito questo Queer di Guadagnino e Craig si è davvero dato tutto in questa intensa interpretazione.

«Adoro e odoro il tuo nuovo deodorante»

Poi arriva Eugene Allerton (Drew Starkey), un ragazzone con la faccia da quarterback del liceo e il fascino da “colazione dei campioni”, scostante il giusto, e William comincia a confondere l’arrapamento con l’amore. Così il buon William/Craig entra in una spirale di tequila, deliri e dipendenza emotiva che nemmeno un’intera stagione di Euphoria. Ma senza tette. Decisamente senza le tette di Sydney Sweeney.

La Città del Messico secondo Guadagnino: iperrealismo che sa di rum

Il Messico di Queer è come se fosse disegnato da un Edward Hopper sotto acido: angoli netti, luci sature, tutto così bello che ti viene da leccare lo schermo anche se il rischio è prendersi la sifilide. Merito del direttore della fotografia Sayombhu Mukdeeprom (già in Chiamami col tuo nome), che riesce a trasformare anche il bar più scrauso in un’opera d’arte contemporanea.

E dentro questa tavolozza si muove Daniel Craig, sempre sudato, con vestiti di lino ogni giorno più sgualciti, vissuti e forse nemmeno portati in lavanderia troppo spesso, sempre un po’ scollato, in bilico tra la poesia e la rissa, sguardo smarrito, camicia sbottonata e quella disperazione lucida di chi ha capito tutto troppo tardi ma ormai c’ha il vizio.

Il tutto viene impacchettato da una colonna sonora che è tipo “Emo & Eleganza vol. 4”: musiche originali di Trent Reznor e Atticus Ross (quindi sudore industriale + ansia elettronica) alternate a pezzi dei Nirvana, giusto per ricordarti che il dolore è anche una questione generazionale e Kurt Cobain lo sapeva.

E quindi sì, Queer non ha una trama fluida, non ha una morale rassicurante e non ha nulla che ti faccia stare comodo. Soprattutto quando nel terzo atto i nostri eroi affrontano un viaggio allucinante dagli esiti incerti. Come fosse un 2001 – Odissea nello Yage.  È Guadagnino: l’amore come una tossicodipendenza estetica: bellissimo, struggente, e molto, molto scomodo.

Ma è un film “moderno”?

No. Ed è qui che scatta la trappola. Queer è figlio di un’epoca che non c’è più. La beat generation ad esempio. Sotto alcuni aspetti è roba già vista. Oggi lo scandalo sono gli youtuber delle challenge, gli e le influencer che sfruttano il dolore – o peggio – per i cuoricini. Questo Guadagnino lo sa. Ma non cerca di modernizzarsi, non si sforza di parlare la lingua dei tweet e delle stories. È tutto sbilenco, fuori tempo massimo, pieno di silenzi e monologhi e sbandate. In una parola: autoriale. In un mondo dove lo scandalo sono gli youtuber che bestemmiano a colazione, qui l’unico vero gesto punk è lasciarsi andare alla disperazione amando qualcuno male e senza scuse.

In conclusione: ne vale la pena?

Sì, per chi vuole qualcosa di intenso, ambiguo, visivamente potente e capace di farvi sentire il caldo, l’odore del tabacco marcio e la puzza rancida di un angolo di strada dove tutti pisciano per terra, Queer è il vostro film. Queer è un amore disperato, una lettera d’amore a cuore aperto e a fegato spappolato. È il cinema che non ti chiede il permesso, ti prende per i capelli e ti sussurra: “non capirai mai davvero, ma sentilo”.

bianca nanni moretti pagelle stellette cinema coccinema****½ Fa un po’ di tutto, anche se tutto quello che fa è bello ma inutile, un po’ come la matematica pura: magari non serve, ma è sublime.

Ecco le migliori frasi e citazioni di Queer.

Le migliori frasi e citazioni di Queer

In questo paese tutto cade a pezzi

I Lee sono sempre stati dei pervertiti.

Nessuno è mai completamente solo. Tu sei parte di ciò che vive. 

A volte penso che non gli piacciamo.

 

Non sono queer, sono disincantato.

-Ti vedo bene. 
-Davvero?
-No, ma è bello vederti.

È in Groenlandia con un colonnello dell’esercito in cerca di una cadillac del ‘45.

Lo Yage non è un portale, è uno specchio. Potrebbe non piacerle ciò che vedrà. 

5 pensieri riguardo “Queer, amore disperato (e molto sudato e alcolizzato e…) Lascia un commento

  1. sarà che la stanchezza da festival per un film così lento non è il mood giusto, ma in tre parole riassumerei il film con: stupendo (a livello visivo) ma (troppo) lungo

    e la campagna marketing che spinge sulle scene erotiche, così poche e pudiche per un film così lungo, non aiuterà il botteghino

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