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C’è ancora domani: la recensione

Premi play e ascolta la puntata dedicata a C’è ancora domani

Poster_ceancora-domaniDebutto cinematografico memorabile per Paola Cortellesi, regista e interprete di C’è ancora domani, commedia amara, ambientata nella Roma del secondo dopoguerra e clamoroso trionfo al box office italiano.


La recensione di C’è ancora domani non può non considerare lo straordinario riscontro di pubblico (un milione di spettatori dopo nemmeno due settimane dall’uscita, Biglietto d’oro assicurato, muro degli 11 milioni di incasso sfondato dopo 3 settimane dall’uscita, esercenti con gli occhi a forma di simbolo del dollaro). Anche perché l’esperienza in sala del vostro amichevole scriba da blog di quartiere è coincisa con la presa di coscienza di un film medio con poche ma ben delineate qualità, capace di conquistare lo spettatore medio ovvero il grande pubblico. Insomma, se so’ trovati.

La protagonista di C’è ancora domani è Delia (Paola Cortellesi), madre e moglie, bada alla casa, accudisce i figli e il suocero allettato e soprattutto Ivano (Valerio Mastandrea), padre e marito violento. Delia non si ferma un attimo: dal momento della sveglia, con un sonoro schiaffo in faccia, fino a sera, trascorre la giornata tra le commissioni per guadagnare qualche soldo, la spesa, la preparazione dei pasti, tutto inframezzato da pochi momenti di serenità: la chiacchiera con l’amica Marisa, il casuale incontro con un soldato americano.

Intanto l’Italia e Roma sono in attesa di votare il 2 e 3 giugno 1946 per l’Assemblea Costituente.

«Sei na brava fija ma te devi imparà a sta zitta. A bocca chiusa». Sor Ottorino

Nella storia di Delia si intrecciano tutti i soprusi della società patriarcale italiana: la schiavitù della donna, le botte, la “proprietà” dell’unica figlia adolescente da parte del padre-padrone, la ragazza non va più a scuola e il suo unico compito è trovare un brav’uomo da sposare, mentre i figli maschi sono cresciuti come erbacce al sole, irrequieti e sboccati mentre scorrazzano indisturbati per casa, senza limite alcuno, soprattutto da parte del padre, premessa di una futura vita senza regole e alcun rispetto per le donne. Anche sul lavoro pesano le differenze di genere, mentre anche il conflitto generazionale madre-figlia è un peso enorme sulle spalle di Delia.

Delia: «Io so tre anni che vengo a lavora qua. So. Venuta pure sotto i bombardamenti. Se po sapé perché questo al primo giorno prende più de me?»
Bottegaio: «Ma quello è omo no?»

La storia deflagra al momento del possibile fidanzamento di Marcella con Giulio, rampollo di buona famiglia. La possibilità della scalata sociale accende il cuore di Delia: per la figlia si apre la possibilità di una vita diversa dalla sua, ma presto la donna capisce che la crescita non può arrivare da un uomo, perché sarebbe sempre concessa e non conquistata, ma solo da una reale emancipazione culturale, sociale e politica.

PaolaCortellesiFestaCinemaRoma2023@CLAUDIOIANNONE

Cortellesi alterna bene il dramma non troppo drammatico – le scene delle botte sono trasformate in sequenze di ballo -; si ride ma non sguaiatamente; si pensa, ma non troppo, grazie a una metafora semplice e una storia lineare fino allo snodo conclusivo largamente annunciato da tante mollichine di pane lasciate dalla regista qua e là. Un film medio per il grande pubblico, che lascia l’illusione di aver pensato e di aver assistito a una storia esemplare, senza troppo impegno.

Che la gente vada in massa a vederlo è una bella notizia e per una volta, magari, impareranno qualcosa anche gli zotici cresciuti a fiction e cinepanettoni.

«Quando c’è se sposava tra cugini nun ce stavano tutte ste questioni». Sor Ottorino

Cosa non va in C’è ancora domani? Il film ha un tono volutamente artefatto, una patina onirica sopra le vicende narrate: i segni delle botte sul corpo di Delia “scompaiono” – rese invisibili dall’indifferenza? Dall’essere considerate in fondo una cosa “normale”?  Non è chiaro -; la musica contemporanea crea un distacco ma, come quella d’epoca, è perfettamente inserita nella coreografia delle scene (ottimo il montaggio). Scrivo coreografia non a caso: in alcuni passaggi il tono è quasi da musical. In tale contesto trasognato e quasi sospeso tra le nuvole, in cui tutto sembra un po’ finto – la verdura sui banconi al mercato, i gesti quotidiani – forse sarebbe e servita una mano più esperta e ispirata dietro la cinepresa per raccontare tutto e rendere davvero l’incubo di Delia una storia esemplare.  Perfino le matrone romane sedute nel cortile a pulire fagiolini sembrano espressione di un’idea di un passato che non c’è e non trasudano vita, ma il racconto di una vita passata, il ricordo di un ricordo, una fiaba raccontata la sera a bambini e a bambine lasciate per anni in preda a cattivi maestri, che ora vanno rassicurati.

Avrebbe ottenuto lo stesso successo? Non lo so. C’è ancora domani è un film carino, non un capolavoro. Che un pubblico ormai disabituato alla grande tradizione degli Scola, dei Fellini e dei Germi, lo percepisca come tale è segno di degrado ma anche speranza di rinascita. O no?

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Marcella: «Mamma dì qualcosa… non fai mai niente»
Delia: «’O dici te»

Resta un altro aspetto: il femminismo. Paola Cortellesi non deve prendere lezioni da nessuno, ma anzi può impartirle alla didascalica Barbie di Greta Gerwig e le tre eroine spompate dagli effetti speciali di The Marvels, queste ultime arrivate in sala due settimane dopo C’è ancora domani. Se il film con Margot Robbie ha scelto la strada di concetti, invettive e aspettative spiattellate senza fantasia, sperando di ammantarle col grottesco e la commedia demenziale, Cortellesi ha scelto la metafora, la sineddoche, il piccolo per il tutto, l’emancipazione culturale, sociale e politica al posto di quella professionale (nel film della Gerwig, le Barbie sono dottori, avvocati, giudici della Corte suprema ma non è chiaro il percorso necessario per arrivarci in una società ancora violentemente patriarcale); in The Marvels, Nia DaCosta e gli sciagurati autori della sceneggiatura pensano che abbracciarsi e soprattutto l’una accanto all’altra una wasp, una asiatica e un’afroamericana basti a risolvere tutto. C’è ancora domani è una storia profondamente italiana ma straordinariamente universale.

 

forrst gump**** La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare

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