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El Conde, il trauma del Cile nel racconto di Larraín

mv5bzdrmnmjlmzytywjjnc00zwmzlwe1mzatzdi1nze0ztizmjkyxkeyxkfqcgdeqxvymti4nje0mtu2._v1_fmjpg_ux1000_Disponibile su Netflix, El Conde di Pablo Larraín, rilegge la storia della dittatura di Pinochet, trasformandola in un racconto di fantasmi ispirato a Murnau e Dreyer.


Dietro la maschera del vampiro Pinochet raffigurato ne El Conde, Larraín lancia un pesante atto di accusa al Cile contemporaneo e a tutte le nazioni vittime del revisionismo delle loro dittature.

Nato nella Francia del XVIII, soldato sotto Luigi XVI, Claude Pinoche scopre durante la Rivoluzione di essere un vampiro e di odiare qualsiasi forma di sovversione sociale. Fingerà la propria morte e partirà alla ricerca di una nazione di cui essere il re. Attraverserà i secoli fino ad arrivare a incarnare Augusto Pinochet Ugarte, uno dei dittatori più sanguinari del secolo scorso.

Inscenata la propria morte nel 2006, dopo la fine della dittatura e l’inizio dei problemi giudiziari, Pinochet continua a operare nell’ombra, nel suo “buen retiro” nel deserto, divorando cuori, avvelenando anime e continuando a corrompere la nazione, fino a quando non decide di morire per davvero stavolta, scatenando la fame di ricchezze dei suoi cinque figli. Nel frattempo la Chiesa invia una suora per praticare un esorcismo al dittatore-vampiro tentando di carpirne segreti, documenti compromettenti e ricchezze.

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C’è un fantasma che si aggira per il mondo… non è il comunismo, ma il vampirismo delle dittature affamato del sangue delle nazioni e dei popoli. Ne El Conde, disponibile su Netflix, Larraín utilizza la allegoria vampiresca per raccontare il recente passato del Cile ma soprattutto la cronaca politica degli ultimi anni. Così l’esorcismo e il banchetto di famiglia con la conta dei depositi illeciti sparsi per il mondo diventa un atto di accusa non solo al ladrocinio perpetrato dal dittatore, ma all’incapacità della giustizia del suo paese di spedire il generale nelle patrie galere – nella realtà Pinochet morirà nel suo letto, solo sfiorato dalle inchieste e dalle richieste di arresto, salvato da non meglio precisati motivi di salute. E la corruzione dello spirito della stessa suora è uno spietato j’accuse a chi, tra i conservatori democratico-cristiani del Cile, sta rivedendo al ribasso i 17 anni di dittatura, cancellandone addirittura la parola dai libri di scuola.

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Girato in bianco e nero, El Conde cita il Nosferatu di Murnau, ma soprattutto Dreyer per lo stile delle inquadrature. La sua Giovanna d’Arco echeggia nei primi piani e nella somiglianza tra Paula Luchsinger e Renée Falconetti, protagonista del film sulla santa francese. Purtroppo i toni della commedia nera, l’umorismo macabro che si nutre dei resti della civiltà cilena – e dopotutto di quella occidentale che quel massacro caldeggiò – non bastano a scaldare il cuore di un film concettuale e verboso, con ispirazioni alte e aspirazioni forse ancora più alte. La parte del “processo” con l’elenco dei conti all’estero e i reati, le riunioni di famiglia vissute tra le lamentele dei figli per il genitore che si ostina a voler sopravvivere, una lunga sezione sicuramente sofferta per Larraín, una ferita della nazione che fatica a rimarginarsi, ma al tempo stesso girata con una gravità e tratti insopportabile.

Ecco le migliori frasi e citazioni de El Conde

Le migliori frasi e citazioni de El Conde

Un bouchet plebeo che rimane sulla lingua per settimane

Si dice che quando qualcuno riesce ad assaggiare il sapore di un cuore palpitante diventa difficile tornare quello che si era prima

Chi l’ha detto che i vampiri vivono senza amore.

Magari sarà interessante essere ricco in un paese di poveri.

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