Predator: Killer dei Killer – il film d’animazione più violento e ambizioso della saga
Tre epoche, tre guerrieri e un’arena aliena: Predator torna con un film d’animazione brutale e sorprendente. Ecco cosa sapere su Predator: Killer dei Killer, diretto da Dan Trachtenberg.
Trama di Predator: Killer dei Killer
U’esplorazione dell’arte della violenza e della guerra nell’ultimo capitolo del franchise in Predator: Killer dei Killer, film di animazione, diretto da Dan Trachtenberg, già regista del prequel Prey, disponibile dallo scorso 6 giugno 2025 sulla piattaforma streaming Disney+, tre storie in tre epoche differenti.
C’erano una vichinga, un ninja e un pilota di guerra… Potrebbe essere l’inizio di una barzelletta. Invece è l’inizio dell’Apocalisse.
Tre timeline, tre guerrieri incazzati come pochi, tre Predator che aspettano nell’ombra peggio dei prof alle interrogazioni a sorpresa.
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I vichinghi e la vendetta di Ursa
Siamo nel IX secolo e Ursa insieme a suo figlio Anders dà la caccia all’uomo che ha ucciso suo padre, perseguitata dalle sue ultime parole: Vendicami. Quando finalmente sembra aver raggiunto il suo scopo arriva un Predator alla ricerca del suo trofeo, inopportuno come una consegna Amazon mentre fai la doccia.
Samurai contro Predator: il segmento giapponese
Ottocento anni dopo, nel periodo Edo, i due fratelli giapponesi Kenji e Kiyoshi crescono secondo una rigida educazione guerriera, cullando il sogno di raccogliere l’eredità paterna. Uno diventerà un samurai, l’altro un ninja. Quest’ultimo, anni dopo, tornerà cercando vendetta. E anche qui sullo sfondo un Yautja osserva e aspetta.
Seconda guerra mondiale: un pilota nel mirino
Il giovane Torres sogna di diventare un pilota d’aviazione mentre il mondo è sconvolto dal conflitto. Ma non sa che qualcun altro è interessato alla lotta tra umani.
L’arena aliena: la grande novità
Ursa, Kenji e Torres sono eccezionali nell’arte della lotta e della guerra, ognuno con le sue caratteristiche peculiari: Ursa è violenta e spietata, Kenji scaltro e veloce, Torres usa l’intelligenza. Gli Yautja aspettano e li attaccano, anche un po’ vigliaccamente, contando sulla loro superiorità tecnologica, li colgono di sorpresa, tutti e tre mentre sono impegnati nei loro combattimenti. I Predator cercano un trofeo e vogliono quello del più forte. Insomma, come se fossero dei playoff. La finale si gioca sul pianeta madre della razza dei Predator, Yautja Prime. Ecco la grande novità di Predator: Killer dei Killer, il punto dove Dan Trachtenberg vuole ampliare l’universo narrativo del franchise. Perchè i tre sono infine rapiti ibernati e si trovano su Yautja Prime a sfidarsi come se fossero in un reality show prodotto da Satana. Dovranno lottare tra di loro: chi vivrà potrà affrontare il re dell’arena, “il killer dei killer”. E no, non è The Rock.
Gli Yautja sono sempre sicuri di vincere benché l’esperienza – e i film – suggeriscano il contrario e, a forza di cercare trofei, finiscono per collezionare figure di merda.
E in questa situazione i tre umani, provenienti da ere diverse e con l’ostacolo della lingua riescono a fare fronte comune e sfidare il nemico alieno.
Predator: Killer dei Killer è un film di animazione che sfrutta appieno le possibilità del mezzo. È il titolo che non ci aspettavamo, ma che volevamo da anni. Solo che non lo sapevamo. Sì, è animazione. No, non è per bambini. A meno che non vogliate far crescere piccoli Conan il Barbaro con un debole per lo smembramento artistico. Produrre un film così in live action sarebbe costato un mucchio di soldi e il risultato sarebbe stato incerto. Così Trachtenberg riesce a sfogare violenza in duelli coreografati in maniera incredibile, pieni di sbudellamenti e massacri (il film è R-Rated), riuscendo anche a dare un tocco di poesia ed emozione. Il tal senso “l’episodio” giapponese è il più intenso, quasi un corto muto di 20 minuti in cui i colpi di Katana e gli sguardi esprimono più di mille parole. Una specie di Kurosawa ma con le spine dorsali strappate a mani nude.
Cosa ci dice il film sugli Yautja
Predator: Killer dei Killer intrattiene, è divertente, dimostra che il franchise ha molto ancora da dire se sceneggiatura e regia lavorano per ampliare ma al tempo stesso mantenere l’unità narrativa della storia. Abbiamo scoperto tantissimo sugli Yautja: il loro pianeta natale, tradizioni, codardia e anche ignoranza della cultura umana. Quest’ultimo aspetto ci dovrebbe indurre a riflettere quando trattiamo popoli, contenenti e nazioni come se fossero un tutt’uno, guidati dai nostri bias cognitivi. Così, quando nell’arena i Predator offrono agli umani un’arma appartenente alle loro tradizioni per combattere, a Torres capita in sorte una pistola con la pietra focaia, appartenente a Raphael Adolini, confondendo le epoche storiche. Ma come sono venuti in possesso della pistola che, l’ultima volta, avevamo visto in mano a Naru, la protagonista di Prey interpretata da Amber Midthunder? Lo scopriremo nella scena post credits.
Dopo averci stuzzicato l’appetito con questa chicca da notti d’estate, ora l’attesa è tutta su Predator: Badlands in arrivo al cinema il prossimo novembre. Da guardare rigorosamente con la ciotola dei popcorn… pieni di dita mozzate.
****½ Fa un po’ di tutto, anche se tutto quello che fa è bello ma inutile, un po’ come la matematica pura: magari non serve, ma è sublime.
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