Eden di Ron Howard: Jude Law filosofo, Sydney Sweeney allatta e Ana de Armas regina del caos
Dopo Greta Garbo parla, Sydney Sweeney allatta ed ecco Eden, il nuovo film di Ron Howard, la storia di un gruppo di survivalisti del secolo scorso che, mentre l’Europa affogava nel sangue della guerra e nel tanfo del nazifascismo fuggirono alle Galapagos.
Va detto che ai veri protagonisti della vicenda – la cui progenie ancora infesta l’isola – è andata piuttosto bene. Abbiamo Jude Law nei panni di Friedrich Ritter e Vanessa Kirby in quelli della sua compagna malata di sclerosi Dore Strauch. I due nel 1929 partono per l’isola di Floriana, per vivere a contatto della natura e assaporare scampoli di assenza: lui scrive un libro di filosofia, le accudisce l’asino, nel mentre trombano. Galvanizzati dai racconti epistolari dello stesso Ritter e pubblicati sui giornali, i Wittmer – Heinz, Margret e il figlio poco interessante e malato di tubercolosi – si trasferiscono a Floreana.
Inutile dire che Friedrich e Dore prendono male la vicinanza forzata con la famigliola e li spediscono ad accamparsi alle grotte dove, secondo Ritter, non possono coltivare nulla, contando sul fatto che presto demorderanno. Invece non c’è niente di più infestante dei tedeschi, capaci di abitare posti terribili come la Renania e tutto il bacino della Ruhr. O Monaco di Baviera. Con il duro lavoro Heinz (Daniel Bruehl) e Margret (Sydney Sweeney) costruiscono la loro casa, coltivano il loro orto, vanno a caccia e catturano una mucca abbastanza incazzosa che bazzicava la zona (così se impara) con sommo rosicamento del filosofo Ritter. Più passa il tempo sull’isola alle prese con zanzare e una pessima defecazione e in più l’uomo indugia nei suoi istinti animali. Alla fine però le famiglie riescono cordialmente a ignorarsi, a parte forse quando Ritter, ex medico, si rifiuta di aiutare la moglie di Heinz a partorire.

L’equilibrio precario è sconvolto dallo sbarco sull’isola della baronessa Eloise Bosquet de Wagner Wehrhorn (Ana de Armas) e il suo codazzo di amanti, ingegneri e coltivatori, intenzionata ad aprire un resort extralusso sull’isola.
Qui l’affare si ingrossa – e non parlo solo di Ana de Armas. La donna prova subito a manipolare e dividere le altre famiglie, i suoi sottoposti rubano, intrallazzano ma l’albergo non progredisce. La rivalità tra le diverse fazioni raggiunge il parossismo quando un riccone americano porta un mucchio di viveri sull’isola e i Ritter, i Wittmer e la baronessa iniziano una faida per il loro possesso.

Eden è una storia stratificata e sfaccettata a cui Ron Howard adatta diversi stili registici a seconda delle sue esigenze: un thriller, un horror, un kammerspiel (anche se parlare di interni è una forzatura, lo ammetto) un apologo alla William Golding o una sorta di Lost o Yellowjackets dove un gruppo di persone su un’isola, isolati dal resto del mondo devono cercare di darsi (o non darsi) una struttura sociale. Ed è qui l’aspetto affascinante di Eden: l’analisi assolutamente pessimista sulla natura umana. Nata con le miglior intenzioni, nessuno pensa a creare una nuova comunità, con regole nuove: Ritter indugia nei suoi istinti animali, si affida allo spirito darwiniano, fedele alla sua spietata filosofia, gli interessa solo il suo particolare, il suo orticello mentre le relazioni possono solo essere regolate con lo scambio commerciale. I Wittmer sono cordiali e disponibili e si ritrovano a essere l’incudine tra i due martelli quando arriva la baronessa. La donna rappresenta i parassiti della società: non produce, anzi si rifiuta, indugia nei piacere portati dalla civiltà (giradischi e il suo amato cibo in scatola) e non esita un minuto a mentire e a tessere una tela di malignità per raggiungere i suoi scopi.

Cosi Floriana riproduce la malata società umana ed europea, un punto di vista così pessimista e a cui Ron Howard, dall’alto della sua esperienza, finisce per aderire, disilluso sulla natura dell’uomo.
Talmente aderente all’immaginario che il nostro scrittore e filosofo dopo un’estate da fame (letteralmente) sbrocca mentre cerca di completare la frase “Lo scopo dell’umanità è…” e inizia a scrivere “il mattino ha l’oro in bocca”.

Eccellente il cast con Jude Law e i suoi denti finti e il pene al vento e le tre donne magnifiche e magnetiche ognuna a modo suo, con l’insospettabile Sweeney che recita un monologo che spiega 4mila anni di patriarcato, mentre Daniel Bruehl ha l’incredibile occasione di restare da solo su un’isola con due magnifici mammiferi di sesso femminile (di cui non svelo l’identità per non fare completamente spoiler).
****½ Fa un po’ di tutto, anche se tutto quello che fa è bello ma inutile, un po’ come la matematica pura: magari non serve, ma è sublime.
Ecco le migliori frasi e citazioni di Eden.
Le migliori frasi e citazioni di Eden
Qual è il senso della vita? Il dolore. Attraverso il dolore conosciamo la verità e attraverso la verità abbiamo la salvezza. Ritter
[Margret alla madre] Faccio quello che mi hai insegnato: supporto mio marito.
Il matrimonio ti fa ammalare. Dore
Non c’è niente di magico nella nostra sopravvivenza qui. Ritter
Tutti vogliono combattere per la libertà ma poi diventano pigri. La democrazia porta al fascismo e alla guerra. Democrazia, fascismo, guerra. Lo ripeta. Ritter
È chiaro che soffrono. Scopiamo? Dore
I bambini nascono ogni giorno. Ha tre possibilità su cinque di sopravvivere. Ritter
Il potere è niente senza rispetto. Sono arrivata qui così. La gente ti rispetterà se tu rispetti te stesso. Baronessa
Ora devo togliere i residui della placenta raschiando con il cucchiaio. Ritter
I cani sono come gli uomini. Prima gli fai male. Poi li curi e li accudisci. Ti ameranno per sempre. Baronessa
Il nostro istinto animale è la nostra verità interiore. Ritter
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