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Senna su Netflix: lista delle cose che mi hanno fatto venire il latte alle ginocchia

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Senna è la miniserie tv dedicata al grande campione della Formula 1 Ayrton Senna, una produzione brasiliana, ideata da Vicente Amorim, con Gabriel Leone e Kaya Scodelario, distribuita da Netflix.

Voto: 6. 

Tutti i bookmakers non avevamo nemmeno quotato che la miniserie Senna fosse raccontata tutta in flashback e quindi iniziata a Imola nei giorni antecedenti la scomparsa del pilota brasiliano. Avanguardia. 

Il racconto si svolge intorno agli episodi più importanti della vita e della carriera, senza scavare poi troppo, attenendosi alla vulgata conosciuta. Insomma, Wikipedia. 

Principali tesi della miniserie tv Senna:

  • È un santo. 
  • Ha difeso il prodotto interno lordo del Brasile. 
  • Ha preso gli inglesi a calci in culo a casa loro nella Formula Ford. 
  • Ha lottato contro la Fia e il Thanos e Kang degli anni Ottanta della F1: Balestre e Prost.
  • Alla fine, però, Prost piega la testa al maschio alfa e dice “caro Ayrton sei il meglio figo del bigonzo”. 
  • Ayrton ha salvato la vita del collega Comas quando dopo un incidente corse a spegnere l’automobile che stava per esplodere.
  • Ha costretto milioni di brasiliani ad alzarsi alle 3 di notte per vedere una serie di Gran Premi di Suzuka spesso finiti contro un muro, ma loro erano contenti. Se non è un miracolo questo. 

“Occhi a mandorla cattivi che hanno un fuso orario così del cazzo”.

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I suddetti brasiliani si ritrovavano in 7 in un baretto con una televisione col tubo catodico e quando cantano sembra di stare sempre al Maracanà.

Per dimostrare la santità di Senna attraverso pensieri, parole, opere di bene, omissioni, miracoli, la miniserie spaccia metafore un tanto al chilo ed emozioni scritte col pennarello dalla punta grossa. 

La miniserie tv Senna è un esercizio di soap opera ad alto budget: curate le auto d’epoca, le tute dei piloti, i circuiti, le immagini di repertorio.

Belle le scene di gara, montate in maniera eccellente, dando un incredibile senso di velocità, dinamismo e pericolo anche se probabilmente le riprese erano a 30 chilometri orari. Detto ciò siamo al livello di acceleratore-volante-freno-inquadratura casco-auto in velocità-acceleratore-volante-freno-inquadratura casco-auto in velocità, siamo a sto livello qua, pensata dall’Intelligenza Artificiale. 

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«Chissà come monteranno il Gp di Monte Carlo»

Tutto con l’aiuto della Fia, che evidentemente ha dimenticato il “complotto” che ordì contro Senna 40 anni fa.

Lì, a Imola, Senna ha il segno del Fight Club sulla mano. O sono delle stigmate? 

Un pilota, un seduttore, un idolo, un eroe, un Tyrell Durden, UN SANTO. 

Il montaggio parallelo del Senna ragazzino, che corre sui kart, insieme al primo gran premio che lo rivelò, quello di Montecarlo del 1984. Bambini che corrono su auto di cartone, Senna che corre su una F1 sotto il diluvio e fa il culo ai parrucconi europei. Avanguardia. 

E ancora: il bimbo Senna col suo primo kart e il padre che gli insegna a guidare, inframezzato ai momenti della sua ultima corsa. 

Insomma le dinamiche sono abbastanza ripetitive anche a causa della reiterazione ossessiva di metafore e concetti. 

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«Aspetto che passa Senna, poi vado a giocare a Fortnite»

Madri melodrammatiche che telefonano e iniziano la conversazione “caro figlio mio” come fossero Camillo Benso Conte di Cavour che scrive a uno dei suoi illeggittimi. Aridateme Grecia Colmenares.  

Velocità, rischio, vita, morte, trionfo, sconfitta: cosa estremizza di più le emozioni di uno sport in cui una persona si gioca tutto a 300 chilometri all’ora? Senna polarizza tutto: santità, amori, corsa, pure la politica.

Ma poi la cazzata che per vincere il Mondiale di Formula 1 del 1988 bisognasse arrivare a 8 gp vinti? Dite la verità: l’hanno pensata quelli della Superlega di calcio. 

La miniserie tv non nasconde anche un Senna molto competitivo e con uno spirito agonistico spigoloso. 

Sorprende il sottotesto – neanche troppo celato – dell’ostilità verso contro il sistema di potere dell’Occidente che vuole tenere ai margini chi non appartiene al proprio circolo vizioso di amici e amichetti. Senna ha attaccato il maledetto 1%, prima dell’1%.  Soros puppa la fava. 

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«Piloti di corse di tutto il mondo unitevi. E adoratemi»

Senna faceva sempre la differenziata. Greta Thunberg je spiccia casa. 

I grandi nemici sono Balestre e la Fia, in pista Alain Prost e Martin Brundle. Poi c’è l’odio dei tifosi europei, inglesi e italiani soprattutto, i manifesti “Britain First” sui muri di Norfolk e Senna risponde con la scritta sul casco “Acquistate prodotti brasiliani”. 

Una guerra culturale presente in altri prodotti di intrattenimento indiani ad esempio (qualcuno ha detto Brics?) come il film RRR, profondamente anti-britannici e anti occidentali. Stamo sur cazzo a tutti, ma da mo’!

Malgrado ciò, Senna è piena della “nostra” musica. Te piace eh la musica pop? Te piacciono i Depeche Mode? Ve siete rotti le palle della samba, vero? 

“Un uomo, un pilota, un seduttore, un eroe nazionale, UN SANTO. È UN BEL DIRETTORE AYRTON SENNA”. Calboni di tutto il mondo unitevi e correte sui kart di kartone. 

Si scherza eh, Senna è uno dei campioni più grandi della storia degli sport di velocità. 

Detto che è un santo non è che possiamo stare a cavillare, ma Senna è retorico e melodrammatico in ogni passaggio: “Io appartengo alla Formula 1”, “Ho lavorato tutta la vita per questo”, “Tu hai le palle”, bottiglie di acqua aperte e bevute con lo slancio di chi vuole scolarsi una vodka, parole e gesti recitati come se fosse la prima volta, un diluvio di frasi enfatiche, innaffiate su ogni episodio come la pioggia nei gran premi. 

Quando Senna vince è stato un superuomo, se non vince è colpa dei cattivi europei e la stagione che ha fatto schifo è recappata in discoteca, più una sequela di rimandi a dio e a Gesù, però vabbé così va il mondo.

Gabriel Leone interpreta un Senna carismatico e leader riluttante, ma il trucco da supereroe immolatosi sull’altare dello sport spettacolo impedisce di dare uno sguardo approfondito a un uomo e un campione senz’altro più sfumato. 

Spinti per estremi, quando deve chiudere il cerchio e mostrare un Senna dubbioso nel tragico weekend di Imola, la serie si incaglia nelle carenze di una sceneggiatura incapace di esprimerle.  

E menomale che non si sono arrovellati lin tutte le vicende processuali, molto italiane, che sono seguite alla morte del Santo Senna.

Ma dove avevamo visto noi occidentali cattivi Gabriel Leone? In Ferrari di Michael Mann, il suo debutto sul grande schermo, quando interpreta Alfonso de Portago, il pilota di Formula 1 morto durante la Mille Miglia del 1957, a causa di un incidente.

Sebbene la serie sia stata realizzata in Brasile con cast brasiliano – tranne alcune eccezioni (qualcuno ha detto Kaya Scodelario?) – Senna è piena di luoghi comuni sui brasiliani, sempre pronti a cantare e ballare, che c’è frega se semo morti de fame, andiamo a guardare Senna o una partita di calcio. E portate la bandiera.

E del resto il coro dei tifosi brasiliani a Interlagos dice tutto: “Balestre ladrone, Senna è il campione”. 

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«Sorridi e famo svelti sta foto che se sta a scollà la base della coppa»

Il più importante sforzo produttivo della miniserie tv Senna è stato dover inventare tutti quegli effetti sonori per le visiere dei caschi che si chiudono.

Malgrado l’attacco al “sistema” la FIA, la Federazione Internazionale dell’Automobile ha collaborato consentendo di riprodurre fedelmente i circuiti, le auto e i costumi dei piloti più il consenso ad utilizzare i materiali d’archivio. Insomma, so passati 30 anni, i danni dell’epoca so passati in prescrizione. Post mortem Senna ha vinto anche questa battaglia.

Miglior gran premio di sempre? Monte Carlo, senza dubbio: fai sesso in albergo con una modella, ti fai una doccia, scendi e vai in pista. Poi sbatti con l’automobile contro un muretto, scendi dalla monoposto e te ne torni in albergo senza salutare nessuno. 

In una scelta probabilmente ispirata dal biopic Blonde di Andrew Dominik su Marylin Monroe, il Senna di Amorim è continuamente circondato da fotografi che lo immortalano nelle sue fotografie diventate più celebri ed iconiche, un senso di calore diffuso, che non si disperde, ma ritroviamo poi nello struggente finale, quando tutte queste immagini ritornano sui titoli di coda.

E così il finale con la carrellate delle foto e dei video del “vero” Senna in vita ti strappano le budella, se per un attimo potessi dimenticare gli spot Persol disseminati in 5 episodi. 

E allora ho realizzato che io ricordavo perfettamente tutto quel flusso di eventi, sorpassi, botte, litigi, miracoli e che da quando è morto Senna ho perso interesse nella Formula 1 e nel suo mondo che divora gli eroi che crea. 

Ecco perché la serie tv Senna è la cosa migliore capitata alla Fortuna 1 da Ayrton Senna. E sono sicuro che la F1 non se lo meriti proprio un campione, un eroe, un santo come Senna. 

Le migliori frasi e citazioni di Senna

Correre, competere, è nel mio sangue. Fa parte di me, fa parte della mia vita. L’ho fatto per tutta la vita e spicca su tutto il resto.

Prendi questo (il padre di Senna dà il suo orologio al figlio). Quando sei lì guarda sempre l’ora del Brasile. Miltao

Penso che devi essere felice e devi stare molto attento. Tanto lo sapevo che questo giorno sarebbe arrivato. Madre

Non è naturale correre sotto la pioggia. La pioggia mette le auto sotto lo stesso piano. Ma non i piloti. Senna 

Il pilota migliore vuole la macchina migliore. Fa parte del gioco. Team Manager Toleman

A volte sbagliamo e andiamo a sbattere, a volte si rompe la macchina, a volte ci sbucciamo il ginocchio. Senna

Il risultato di disposizioni stupide prese dai politici. Senna

A volte siamo noi a dover decidere se gareggiare o meno. Non me ne sono mai pentito. Lauda

Hai tu il controllo, ma devi sentire la macchina. Miltao

È tutto qui: Sono un pilota e per un pilota la corsa è una battaglia contro il tempo. Senna

2 pensieri riguardo “Senna su Netflix: lista delle cose che mi hanno fatto venire il latte alle ginocchia Lascia un commento

  1. Neanche a me è piaciuto come hanno fatto questa serie. Apprezzo Senna, ma qui l’hanno reso talmente perfetto da renderlo insopportabile. E questa è una trappola in cui cadono parecchi film biografici. Un esempio perfetto è stato Bohemian Rapsody dove lì non ho visto Freddy Mercury come un essere umano ma come una leggenda. Apprezzo molto anche lui, ma in vita ha commesso delle vere e proprie cattiverie che nel film vengono completamente omesse.

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