Joker: Folie à Deux: troppi quattro film in uno per Todd Phillips
Se Joker era un film che raccontava il disagio di un individuo che non riusciva a scopare, Joker: Folie à deux spiega come una donna possa far sprofondare l’uomo in un buco nero di disperazione e, se la ragazza in questione è Lady Gaga, malgrado tutto avere voglia di cantare.
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Joker – dove eravamo rimasti
La trama del film riprende due anno dopo i noti fatti di cronaca, l’assassinio di Murray Franklin e i disordini a Gotham. Arthur Fleck è prigioniero ad Arkham ed è di pessimo umore, tutti gli chiedono una barzelletta – e per tutti intendo le guardie carcerarie – ma a lui girano un po’ le balle. Improvvisamente gli torna il buonumore quando, durante uno dei trasferimenti all’interno della prigione, vede Lee Quinzel/Harley Quinn. Insomma Arthur è proprio colpito come da un fulmine manco fosse Michael Corleone in Sicilia quando incrocia la mamma di Violante Placido e pensate la botta di fortuna quando una delle guardie annuncia a Fleck che, siccome si è comportato bene, gli consentiranno di partecipare alle lezioni di musicoterapia dove guarda un po’ c’è Lady Gaga, ovvero Lee Quinzel ovvero Harley Quinn, una con un pessimo gusto per le giacche ma una bella voce. Ora Arthur ha un’amichetta e la cosa lo ringalluzzisce. E a chi non nascerebbe un certo buonumore unito a un moderato rigore nelle zone basse? Tutta ‘sta allegria risveglia l’amico assopito di Arthur, Joker, che fa capolino nelle sue fantasie scatenate, quando sogna di ballare durante l’incendio di Arkham, condurre uno show tutto suo, cantare, cantare, cantare.

I quattro film di Todd Phillips
I momenti del musical fanno avanzare la storia, dicono qualcosa dei personaggi ma non sono mai affascinanti, non c’è un numero o una coreografia che resti impressa e, anche le canzoni, benché appartengano ai classici del genere, non restano. La trama poi a un certo punto si accartoccia su Un Giorno in Pretura: il processo a Fleck si trasforma in una pantomima di giustizia francamente scritto senza capo né coda, con momenti ridicoli.

Joker: Folie à Deux vuole essere tante cose, troppe per i suoi 140 minuti di durata: un musical; un dramma carcerario con le guardie cattive, simbolo di un sistema che non funziona; la giustizia nei tribunali sta messa ancora peggio; c’è il cinecomics, non dimentichiamocelo, infine c’è tutta l’estetica anni Settanta che fa tanto New Hollywood anche perché Phillips si sente tanto un incrocio tra Scorsese e Coppola e invece è sempre quello di Una Notte da Leoni. A me ha tolto poco più che un sorriso che nel film i personaggi parlino di un film su Fleck/Joker trasmesso in televisione, che pare abbiano visto tutti tranne Arthur e io mi sono immaginato sto universo in cui Joker viene visto in Joker 2, ma Arthur Fleck non lo guarda perché sarebbe peggio che incrociare i flussi o che Marty McFly incontri se stesso in uno dei suoi viaggi temporali.
Però in Joker: Folie à Deux la regia illuminata del primo Joker è svanita chissà dove, la stessa spinta anarco-insurrezionalista-paracula del primo film è perduta, manca un’idea forte che non sia “ricoprimi di soldi”. Cuba Gooding Jr/Rod Tidwell sei stato un precursore. “Vedi, io non sono un mostro; sono in anticipo sul percorso”. Ecco il Joker.
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