The Flash, film imperfetto, simbolo del Dc Universe
The Flash è il film di Andy Muschietti che chiude il cerchio del Dc Universe, in attesa del nuovo ciclo firmato James Gunn. Nel cast ci sono Ezra Miller, Michael Keaton, Sasha Calle, Ben Affleck.
Iniziamo con le cose che non vanno. The Flash è l’ennesimo film che stiamo vedendo, rivedendo e rivedendo ancora negli ultimi anni: qualcuno o qualcosa pasticcia con il passato e deve rimettere insieme i cocci del presente per salvare il futuro. È Ritorno al futuro e non è un caso che il film di Robert Zemeckis sia citato spesso in The Flash. Del resto Barry, nel suo peregrinare nel tempo, incontra se stesso, il mondo non esplode come aveva predetto Doc Brown, ma anzi Barry mette se stesso sulla strada giusta per il futuro. Come se non bastasse, The Flash tira fuori dal congelatore Zod, Faora e compagnia e anche questi li abbiamo visti e rivisti.
C’è una fase piuttosto lunga in cui si sbadiglia forte e coincide con il momento quando Barry del futuro arriva nel passato dopo che aveva già cambiato il suo domani e trova se stesso, idiota, pieno di amici e gnocca, e allora deve ricordargli che essere un eroe è più importante che scopare.

The Flash si apre con una mega scena di salvataggio in cui traspare un altro dei temi del film: la voglia iconoclasta contro la sacralità ormai tracimata dei cinecomics. Muschietti cerca di smontare i cliché, sporcare le tute aderenti troppo strette dove conta, giocare a prendere in giro la divinità che i suoi predecessori – in particolare uno – avevano costruito. Così il nostro Barry si ritrova a dover salvare vite innocenti da un ospedale in fiamme mentre Batman dà la caccia all’ennesimo scagnozzo di Falcone in fuga con un virus letale – bella escalation per la malavita, vai a vedere che aveva ragione Alfred-Michael-Caine di Nolan. Sotto i nostri occhi si dipana subito una missione ipercinetica in bilico tra il massimo della drammaticità – salvare dei neonati – con il massimo dell’ironia: Barry/Flash scalda un burrito al microonde nel pieno dell’azione.
Ed è qui che a Barry capita qualcosa di strano ovvero pensa: potrò spingere talmente in là la mia velocità da riuscire ad andare indietro nel tempo così a lungo e così in profondità da poter rivivere il giorno quando fu assassinata mia mamma, salvarla e aggiustare il presente? Il padre uscirebbe di galera e a lui non mancherebbe un pezzo emotivo, quello che tutti cercano disperatamente dopo la morte di un genitore. Il buon Bruce Wayne/Ben Affleck lo mette in guardia, sciorina tutta la saggezza accumulata tra matrimoni, divorzi, relazioni spericolate con Ana De Armas e di nuovo matrimoni con clausole di contratto nuziale con coiti programmati, spiegando a Barry uno dei messaggi del film: noi siamo le nostre cicatrici, è il dolore che ci forgia, la sofferenza ci rende ciò che siamo. Allegria, poi ti chiedi perché la gente preferisce le cazzate di Thor e la Marvel. Ma tutti i giovani scapestrati tendono a non dare retta agli anziani, anche se scopano con Jennifer Lopez, e Barry parte nel suo viaggio nel tempo.

Ora, devo ammettere: Muschietti ce la mette tutta a creare un suo tesseratto, un luogo dove il tempo assuma forma tridimensionale, una sorta di arena o Colosseo (dire stadio mi sembra troppo cheap) in cui in piccionaia c’è il futuro e ad altezza occhi il futuro più prossimo. La soluzione visiva non mi ha convinto, ma il problema di The Flash è la voglia di mostrare e di inventare, non supportata da effetti visivi sostenibili, però famo finta che vanno bene. Insomma Barry torna nel passato, salva la mamma – ancora la mamma al centro di un film DC, a proposito – ma ovviamente niente va come deve perché anche solo salvare la mamma cambia tutta la vita di Barry. Poteva essere altrimenti? Certo che no, a dimostrazione che puoi essere un cervellone, ma avere il senso pratico di Flavia Vento. Insomma entriamo in un multiverso in cui ci spiegano un’altra volta come funziona il tempo – non senza qualche ironia verso la concorrenza – e come mai Michael Keaton spacca ancora culi come se fosse il 1989.
Fin qui ho sbadigliato tanto. A sua discolpa, il film ha ritmo, i personaggi traspirano carisma è che proprio spiegano troppe cose che troppe volte ci hanno già spiegato. Arriva Zod, puntuale come le rate dell’IMU, bisogna trovare Superman e, pensa un po’, non c’è Harry Cavill, ma c’è la cugina e voi sapete che non c’è cosa più divina… Scurrilità a parte devo dire che qui mi sono preso una crush, una botta, una cotta clamorosa per Sasha Calle e la sua Supergirl e non so se me so ingrifato più per Sasha o per Kara ma sta ragazza è ficherrima. Je fa schifo l’umanità – e già qui c’è una affinità elettiva notevole – ma il personaggio costruisce un mondo in poche battute: è incazzata, ce l’ha con tutti, se dovesse scegliere parteggerebbe per Zod e Krypton, ma Zod è davvero stronzo e alla fine si butta dalla parte dell’umanità perché Barry le ha salvato la vita sebbene non sapesse chi cazzo fosse lei. Tu scopri una ragazza tenuta prigioniera, incatenata, picchiata, privata delle luce, del cibo e probabilmente del sonno, tu la salvi e lei crede tu sia la persona più fica del mondo il che forse è anche vero ma cara Kara con chi cazzo hai vissuto fino ad oggi? Non ce l’ha avuta un’amichetta/amichetto a scuola, una maestra dell’asilo, un prete… no il prete no, insomma Kara/Supergirl è veramente tosta, è incazzosa, non è un pesce lesso riflessivo come il cugino Kal/Superman ma lei sbrocca, tira botte da orbi, secondo me Kara è un Sith che sceglie di passare al Lato chiaro e infatti (SPOILER) fa una finaccia.

Pensate che sebbene il film non sia lunghissimo (2h e 20 minuti) siamo più o meno a due terzi, confermando che Muschietti ha guidato la banda con idee chiare, senza perdersi in rivoli e consentendo di seguire tutto agevolmente. A sto punto ci mette una sezione alla Dottor Frankenstein, in bilico sull’horror gotico prima della risoluzione finale. Attenzione SPOILER, sbarchiamo addirittura dalle parti del Pianeta delle Scimmie nel senso che alla fine di tutto, tutto sembra essere tornato a posto, se non fosse per la metaforica Statua della Libertà disastrata sulla piazza del tribunale di Gotham che vedrete nella prima scena dopo i titoli di coda. In più Barry ha imparato la lezione della mamma, ha ricordato la canzoncina che lei cantava sempre, il papà è libero perché non ha resistito ad aggiustare le cose a modo suo. Insomma è quasi tutto uguale a prima, è successo di tutto e non è cambiato (quasi) un cazzo. A cosa è servito tutto questo? Ho alcune idee:
- La mamma di Barry era una milf;
- La mamma di Barry ha sempre ragione;
- Bruce Wayne ripete le stesse cose in tutti i multiversi e sempre con la stessa faccia appesa sul punto di franare;
- Bruce Wayne ha ragione in quasi i tutti i multiversi;
- Non si mette fretta a un buon sandwich.
Alla fine resta la lezione più importante. Mi è piaciuto The Flash malgrado la sua inutilità, i suoi effetti visivi un po’ pezzotti, destinati a invecchiare presto, il suo essere il solito film visto e rivisto. Tutto vero, ma la seconda parte ti fa scordare di essere davanti a un film di supereroi perché ha un cuore e perché c’è un momento in cui si incontrano i tanti Superman appartenenti a tante generazioni e io mi sono sciolto, perché The Flash è un film emozionante, senza paura di sembrare troppo romantico o bambionone, dichiarando al mondo che mamma e papà sono le persone più importanti della nostra vita, ci forgiano nel bene e nel male in vita ma soprattutto in morte e quello che possiamo dire in questo cerchio che si chiude, iniziato nel giugno 2013 con Man of steel è proprio questo: la mamma è sempre la mamma, che si chiami Martha, Martha o Nora o Lara (che più sta ossessione per i nomi uguali o simili, mah).
Alla vigilia della fine del Dc Universe così come iniziò proprio nel giugno 2013 con Man of Steel, è possibile affermare che The Flash è l’ennesimo film imperfetto all’interno di un universo cinematografico pieno di problemi e che non ha fatto niente per nasconderli. Ma è inevitabile pensare come tutto ciò sia estremamente umano, sempre alla strenua ricerca di quel futuro orgiastico con film perfetti e sale cinematografiche sempre piene, un orizzonte che ogni anno si ritira davanti a noi. Ci è sfuggito, ma non importa. Domani James Gunn correrà più forte, allungherà le braccia più lontano e anche chi verrà dopo di lui continuerà a remare e a girare film senza sosta contro corrente, risospinti senza posa nel passato.
***½ Non hai mai sentito nominare il Millenium Falcon?
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Rieccomi! Anch’io ho recensito un cinecomic della DC (in modo molto ironico): https://wwayne.wordpress.com/2016/08/19/suicide-squad/. Cosa ne pensi della mia recensione?
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