sineddoche
Sillabazione/Fonetica
[si-nèd-do-che]
Etimologia
Dal lat. synecdo°che, che è dal gr. synekdoché, deriv. di synekdéchesthai ‘accogliere insieme’
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SinonimieContrari
Definizione
s. f. (ret.) figura retorica che trasferisce il significato da una parola a un’altra sulla base di un rapporto di contiguità quantitativa (p. e. la parte per il tutto, il tutto per la parte, l’individuo per la specie, il singolare per il plurale ecc.).
Caden Cotard (Philip Seymour Hoffman) vive a Synecdoche, vicino New York, con la moglie, artista affermata, e la figlia di quattro anni. Sembrano una famiglia felice ma presto il quadretto di tranquilla vita borghese lentamente inizia ad andare in pezzi.
Caden è un autore teatrale, ha le sue idiosincrasie e il suo flirt extraconiugale; intanto il suo sistema nervoso parasimpatico sta cedendo, eliminando, una a una, tutte le funzioni automatiche del suo corpo. Mentre Caden diventa sempre più ipocondriaco, la moglie lo abbandona per trasferirisi a Berlino, portando con sé la figlia.
Dentro e fuori, Caden, si sbriciola, ma grazie a un importante finanziamento ha l’opportunità di realizzare un allestimento teatrale. Vuole che sia grande, vero e duro e che lo definisca come uomo e come autore. Si trasferisce a New York dove, in un enorme capannone, inizierà a riprodurre e ricostruire la sua esistenza.
Il sogno di ogni artista è mettere in scena la vita, mentre ogni uomo o donna favoleggia di muovere i diversi “personaggi/attori” che lo circondano come lui/lei desidera.
È il perverso circuito in cui cade Caden, cercando di piegarlo ai propri desideri ma presto i suoi stessi personaggi prenderanno forma e autonomia. Il tentativo di riprodurre le cose che ama e aggiustare quelle che si sono rotte, fallirà.
Mano a mano che lo “spettacolo” va avanti capiamo che Caden è uno, nessuno e centomila: è il protagonista grazie al quale i personaggi esistono; è il deus ex machina che guarda e detta le battute, da fuori, compreso un avatar di se stesso, le cui mille sfaccettature convergono in un punto focale chiamato Caden che le sintetizza senza ridurle a unità; alla fine, Caden è tutti i suoi personaggi, una propria proiezione nella inesauribile spinta a cercare l’amore, la felicità, il calore di un abbraccio. Una perfetta sineddoche dell’Uomo e delle sue esperienze.
Charlie Kaufman è uno dei pochi, autentici autori del cinema contemporaneo. Fino ad oggi aveva affidato le proprie spinte e pulsioni cerebrali a registi importanti come Gondry o Jonze, riuscendo a mediarle attraverso le sensibilità a cui di volta in volta si affidava. In Synecdoche, New York non è così, perchè Kaufman prende la macchina da presa e gira lui stesso la sua storia, mescolando il passato e il presente, la paura, i sogni, le aspirazioni personali e, vorrei aggiungere, di specie. Il tentativo è di raffigurare qualcosa che assomigli alla vita: l’amore, i ricordi di bambino, la conflittualità con il genitore o con Dio, la paura, il desiderio. Qua e là trovate a dir poco geniali come la casa dove abita una delle donne che caratterizza i dubbi etici e morali di Caden, Samantha Morton, in cui scoppiano piccoli incendi negli armadi o sotto il letto, un lento e divampante desiderio che consuma le esistenze. Tutto ciò fa di Synecdoche, New York un disperato e meraviglioso tentativo di rappresentare l’esistenza umana, senza spiegarla, senza dare speranza, senza trovare una logica, senza dare l’assoluzione che non sia una parziale ed eterna prova nel tentativo di raggiungere i nostri desideri, e appagarli e trovarne sempre di nuovi, nella continua bramosia di qualcosa che non c’è, in un insieme spettacolare ma misero nei dettagli, in un ciclo che batte il tempo con i secondi e il respiro. Un’opera bella come quando la vita ti prende a spintoni e ti fa sentire vivo. È così che la vita dovrebbe essere, oppure è, non l’ho ancora capito. Ma proverò.
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A volte c’è così tanta bellezza nel mondo, che non riesco ad accettarla…
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Ti dirò, mi attira… guardo un po in giro cosa ne pensano anche gli altri. poi me lo dovrò vedere.
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Wow, non vedo l’ora di riuscire a vederlo.
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