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Recensione Mission: Impossible – The Final Reckoning: Tom Cruise lancia gli spiegoni contro l’Entità 

Benvenuti su PowerPoint: Impossible, ottavo episodio della saga a difesa del mondo libero, la NATO cinematografica di Tom Cruise – classe ’62, cuore da maratoneta e faccia da “non ho mai sentito parlare di assicurazioni INAIL” – impegnata a combattere la sua nemesi più temibile, una sorta di nemico interno: gli spiegoni.

 

Previously on Ethan Hunt

No, sul serio. I primi 40 minuti di Mission: Impossible – The Final Reckoning sono un gigantesco “Previously on Mission: Impossible” condito da flashback, slide, PowerPoint animati e riassuntini da manuale per chi ha saltato gli ultimi cinque film o è appena uscito da un coma farmacologico. Manca solo la voce narrante con “Benvenuti a bordo, siamo lieti di avervi con noi in questa caccia all’IA sociopatica. Questo messaggio si auto sollazzerà entro 5 secondi”.

A un certo punto ti aspetti che spunti Barbero per spiegarti il retroscena storico della chiave biforcuta e cruciforme di bronzo. A proposito: la trovate su Amazon.

 

«So vecchio, e allora?»

Azione? Sì, con la password

La prima scena action vera, impossibile e degna del nome Mission: Impossible arriva dopo un’ora e mezza. E fino a quel momento ti trovi a chiederti se non stiano proiettando per sbaglio The Crown – Apocalypse Edition: lunghe e interminabili chiacchiere per spiegare tutti i perché e i “percome” rendano necessario che un uomo spunti da sotto un ghiacciaio millenario a quell’ora precisa.

Per carità, poi si svegliano e ti mollano in faccia due sequenze memorabili, roba che ti manca l’aria pure se stai sul divano con le gambe incrociate. E non posso nemmeno dire che sia poco: ti toglie il respiro, non ti fa pensare, speri solo che Tom ce la faccia, perché, in una parte del tuo cervello, pensi che nessuno potrebbe riuscire a fare quello che stai vedendo – in immersione dentro un sottomarino adagiato sul fondo dell’oceano, mentre il sottomarino inizia a rotolare e tutte le robe dentro il sottomarino finisco addosso Tom e dico Tom mica per sbaglio perché quello lì non è Ethan Hunt, è Tom Cruise e pensi che qualcuno potrebbe averti nascosto che in verità è crepato sul set per questo suo odio sociale nei confronti degli stunt man. 

Nel mezzo, tentativi telefonati di commuoverti con momenti strappalacrime su Ving Rhames, con la delicatezza emotiva di una carica antisommossa.

 

 

Trama (sì, c’è anche quella)

Ethan Hunt ha recuperato mezza chiave magica, ora deve andare al Polo Nord a disinnescare un’IA diventata cosciente, che minaccia l’umanità usando deepfake, fake news e una strana ossessione per il Sevastopol, un sottomarino russo che sembra uscito da Caccia ottobre rosso, il sogno bagnato di Putin, solo più ghiacciato.

L’Entità, nome perfetto per un villain che non ha manco una faccia (forse per non doverlo pagare), vuole distruggere l’umanità perché sì, perché può, perché internet è cattivo. Insomma, è come un Elon Musk con meno filtri e più ambizioni nucleari.

 

Filosofia alla Top Gun: Maverick (parte due)

Il messaggio è chiaro: la tecnologia ci disumanizza, solo l’imprevedibilità e la creatività dell’uomo possono salvarci. Più o meno la stessa lezione di Top Gun: Maverick, solo che qui al posto dei jet abbiamo sottomarini e password quantistiche e nelle avventure degli aviatori col pannolone c’è anche un discorso sui vecchi che non è il caso di buttarli via, sia mai che la pensione torni utile per chiedere un mutuo per il nipotino rider. 

Tom Cruise è luddista? La macchina è cattiva e l’uomo buono (e muscoloso, e sempre di corsa) e la morale ieri come oggi è quella degli action movie degli anni Ottanta.

Quando il film smette di parlare, funziona. L’ultimo atto, con l’immersione nel Sevastopol e i giochi di sguardi tra Cruise e Haley Atwell, è roba da cinema muto, se all’epoca avessero girato con gli stuntman assicurati da Scientology.

 

«Fate qualcosa anche voi, sono stanco Capo»

 

L’auto – miglioramento

Almeno Ethan Hunt mostra di essere figlio del suo tempo e di aver capito uno dei segreti dell’uomo di potere: delegare. Così Luther schiatta al posto suo, Benji ottiene una promozione sul campo finalmente come capo missione e si fa bucare un polmone. A proposito: sono sobbalzato dentro quando Pom Klemintieff gli strappa la camicia, poi strappa la sua e gli infila una penna nel petto. Il finale chiude tutti i finali: niente scena post credits, solo un lungo addio.

 

 

In sintesi:

  • Mission: Impossible – The Final Reckoning è due film in uno:
    1. un cortometraggio muto d’azione da Oscar,
    2. un podcast di 90 minuti sul curriculum vitae di Ethan Hunt.
  • Se amate Tom Cruise che corre, non resterete delusi.
    Se amate le trame snelle… vi conviene correre anche voi.
  • Voto: 6,5 su 10. Mezzo punto in più solo perché, dopo otto film, Tom ha ancora le ginocchia.

 

*** È stata la cosa più divertente che ho fatto senza ridere

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