Vai al contenuto

Adolescence su Netflix– una recensione in piano sequenza

“Adolescence”, la nuova miniserie Netflix diretta da Philip Barantini, è un dramma intenso girato interamente in piano sequenza. Con una narrazione mozzafiato, affronta temi come bullismo, cyberbullismo e incomunicabilità generazionale, mettendo a nudo il divario tra genitori e figli nell’era dei social media. Ecco perché è la serie di cui tutti parlano.

Svolgimento: Adolescence 

Se pensavate che il vero orrore adolescenziale fosse il grande freddo dell’inverno emo del 1996, preparatevi a ricredervi. Adolescence, la miniserie Netflix scritta da Stephen Graham e Jack Thorne e diretta da Philip Barantini, ci sbatte in faccia il disagio giovanile in quattro episodi, ciascuno girato in un unico, estenuante piano sequenza, senza trucchi, senza tagli nascosti. Perché? Perché così non c’è scampo. Come nella vita, come nell’adolescenza: si sopporta e si va avanti, senza possibilità di premere “salta intro” e mandare indietro.

«Zio, cosa ha fatto il Leeds?»

L’incomunicabilità generazionale: una tragedia greca in versione TikTok

Genitori e figli non si capiscono. È così da sempre. Non ci sono colpe da assegnare, col tempo, gli anni e la paternità io stesso ho compreso meglio le mie responsabilità di figlio e cerco di intuire quelle di genitore. Ma non si parla di me. Adolescence guarda dentro l’abisso che separa le due generazioni e noi percepiamo l’oscuro ignoto che restituisce lo sguardo. I genitori si affannano a decifrare un codice di segnali criptati, tra meme, emoji e status che cambiano più velocemente della quotazione delle azioni di Wall Street. Non è solo la difficoltà di districarsi dentro un nuovo mondo fatto di simboli e parole stentate. Dentro Adolescence più semplicemente c’è la difficoltà ad esprimere quello che si sente, le emozioni che ci scoppiano in gola, descrivere la realtà come la percepiamo è semplicemente impossibile perché mancano le parole con cui chiamare le emozioni o i pensieri, manca la voglia di aprirsi perché la paura è di non essere capiti. 

Alla fine gli adulti restano sempre un passo indietro. Però, ehi, i nostri genitori capivano davvero il senso delle videocassette di Breakfast Club o Fandango o il perché riempivamo i muri di poster dei Linkin Park? La storia si ripete, solo che ora l’incomprensione passa per le foto e i commenti di Instagram, thread di Reddit e server di Discord.

«Dovete sapere che vostro figlio gioca al Fanta Sanremo»

Il bullismo non è più solo il ragazzotto che ti aspetta all’uscita di scuola

La serie esce allo scoperto su come affronta il bullismo e il cyberbullismo senza filtri, sbattendoci in faccia l’effetto devastante di queste dinamiche sulla psiche di un adolescente. Perché oggi non si viene bullizzati solo nei corridoi della scuola, ma anche (e soprattutto) nei DM, nei gruppi Telegram, nei video che diventano virali con la velocità della luce. E poi c’è la sottocultura incel, che serpeggia nei forum e nei feed degli adolescenti più fragili, quelli che cercano risposte e trovano solo odio travestito da verità rivelata.

«Volevo solo giocare a Elden Ring»

Non è un crime, non è un thriller: è dramma allo stato puro

Dimenticate le indagini poliziesche, i colpi di scena alla True Detective o le rivelazioni finali in tribunale. Adolescence non è interessata a scoprire il colpevole, perché il vero processo si svolge altrove: nei salotti, nei feed dei social, nelle cene di famiglia dove nessuno ha più niente da dirsi. Jamie Miller, tredici anni, viene accusato dell’omicidio di Katie Leonard, e nel giro di mezza giornata diventa il mostro della porta accanto. La sua famiglia deve affrontare l’inevitabile discesa agli inferi della gogna mediatica, tra fake news, hashtag virali e commenti di perfetti sconosciuti che lo hanno già condannato prima ancora che inizi il processo fino a tracimare nella vita di tutti i giorni in un atto di vandalismo al furgone del papà di Jamie, interpretato da un monumentale Stephen Graham, o in un tesissimo dialogo in un grande magazzino di bricolage e fai-da-te tra lo stesso Papà Graham e un sostenitore di Jamie.

Il piano sequenza: non respiro da tre episodi

Con la sua regia e le sue scelte Barantini ci chiude in gabbia insieme ai personaggi e ai loro problemi. Ogni episodio è un unico piano sequenza, senza stacchi, senza possibilità di fuga. Il risultato? Un senso di oppressione crescente, una claustrofobia emotiva che ti prende alla gola e ti costringe a guardare. L’esempio più incredibile è la terza puntata quando la psicologa interpretata da un’intensa Erin Moriarty è chiusa in una stanza per un colloquio con Jamie (Owen Cooper). Siamo lì con lei, esposti alle esplosioni del giovane, possiamo solo rattenere il fiato e provare a capire. È tutto così reale, così inevitabile, che a un certo punto viene voglia di mettere in pausa per riprendere fiato. Ma non si può, perché non ci sono pause nell’adolescenza, e tantomeno in Adolescence.

Media, social e il giudizio sommario del pubblico

Adolescence mostra come il processo mediatico avvenga in tempo reale, senza diritto di replica, con giudizi scritti in 280 caratteri e condanne basate su un paio di screenshot. Anche se, va aggiunto, non manca la vita reale con i vicini impiccioni, i professori impreparati, i poliziotti zelanti e zeloti, le guardie carcerarie innamorate, gli ambienti soffocanti e cadenti di scuole pubbliche o stazioni polizia.

Adolescence solleva domande difficili: Jamie è un mostro o solo un ragazzino fragile? La violenza adolescenziale può davvero esplodere così improvvisamente? E noi, come pubblico, siamo davvero in grado di giudicare senza essere complici di questa macchina infernale?

Adolescence non è una serie facile. Non offre risposte, non lascia spazio a facili catarsi. Ti costringe a guardare, a sentire il disagio, a chiederti dove finisce l’innocenza e dove inizia la colpa, ma non è solo negatività, c’è la tenerezza della famiglia e la sorella maggiore di Jamie a volte è più saggia dei suoi genitori. C’è speranza, in fondo. Adolescence è un’esperienza viscerale, un viaggio nell’inferno dell’adolescenza contemporanea, senza biglietto di ritorno.

Guardatela. Poi, se riuscite, cercate di dormire. Soprattutto se siete genitori.

Lascia un commento