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The Covenant

The Covenant (Guy Ritchie’s The Covenant) è un film di Guy Ritchie con Jake Gyllenhaal.


Un legame, un impegno, una promessa. Il cartello finale di The Covenant spiega il significato del titolo e, va detto, contiene tutto il film di Guy Ritchie. Con il nome nel titolo a sottolineare una svolta autoriale – Guy Ritchie’s The Covenant –, il regista abbandona i suoi adrenalinici, il montaggio frenetico e i dialoghi verbosi e ritmatissimi e punta su un film intimista sulla guerra, una storia di legami, impegno e di lotta contro la burocrazia e le mancate promesse imperialiste degli USA in Afghanistan.

La promessa era di garantire un visto speciale per gli States agli interpreti che avessero collaborato con la forza militare di occupazione del paese, ma sostanzialmente non fu mantenuta. Non per John Kinley (Jake Gyllenhaal). Salvato dal suo traduttore dopo un’imboscata talebana, portato letteralmente sulle spalle e con un carro attraverso le montagne afgane, dopo il salvataggio John perse contatto con l’interprete Ahmed. Inizia così un viaggio per ritrovare lui e la sua famiglia e portarli in USA.

The Covenant è una sorta di Black Hawk Down, in due contro centinaia di nemici, almeno nella prima parte; dopo c’è una svolta e narra la storia di due uomini, gente che non dice grazie ma uno sguardo basta per capirsi. John deve battersi contro la burocrazia a stelle e strisce, finché non decide di passare all’azione e si va a prendere l’amico e salvatore. Azione essenziale, tensione alle stelle, ogni tanto si intravedono i pannelli di cartapesta con le montagne disegnate e non si fa fatica a leggere la scritta “Hollywood” sulle colline dell’Afghanistan. L’unica sezione “alla Ritchie” è quella in cui John ha le allucinazioni e ricorda un po’ troppo il giovane Artù che se fuma l’erba pipa in King Arthur, ma il film è solido, teso, emotivo, emozionante. Per una volta sostanzialmente il protagonista è un afgano e i talebani non sono i soliti polli che le prendono.

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