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Ogni maledetto Natale

ogni maledetto nataleCon un anno di ritardo rispetto all’uscita cinematografica, vedo Ogni maledetto Natale trasmesso da Sky Cinema, prova di cine panettone del gruppo di autori e attori che ha realizzato la più grande sitcom italiana, Boris. Torre, Ciarrapico, Vendruscolo, Pannofino, Giallini, Caterina e Corrado Guzzanti e con le magnifiche new entry di Stefano Fresi, Sartoretti e soprattutto Laura Morante.
Natale era anticamente conosciuta come la festa delle tenebre. Esplorando il Lato Oscuro della festa più controversa della storia dell’umanità (mangiate, regali, giochi, ma soprattutto litigi familiari, compromessi, estorsioni, risparmiandoci per fortuna problematiche quali presepe sì/presepe no) Ogni maledetto Natale trova una strada sua, sicuramente inusuale per la tradizione italica: niente argomenti scatologici, no fiche e culi sbattuti in faccia, nessuna canzonetta da iTunes, buonismo bandito.

Giulia (Alessandra Mastronardi) e Massimo (Alessandro Cattelan) si conoscono e si amano. Poi arriva il 25 dicembre e la classica domanda: “Cosa fai a Natale?”. Così Massimo, che per motivi personali era abituato a stare a casa a guardare la televisione, accetta l’invito di Giulia a trascorrerlo con lei, a Cucuia, vicino Baiano, nella Tuscia, Lazio del nord. Ora, se io fossi Giulia e la mia famiglia fosse composta da fratelli psico labili, un padre (Francesco Pannofino) emotivamente instabile e una madre (Laura Morante) che sembra la signora Don Vito Corleone, mi guarderei bene di invitare estranei a casa mia, tra litigi familiari atavici e piatti improbabili come la ghiandola di lepre. E invece, evidentemente infoiato per motivi che non riesco a comprendere da quella moscia di Giulia/Alessandra Mastronardi, Massimo accetta. Si ritrova catapultato in un casolare perso in mezzo a dei boschi che sembrano la giungla del Vietnam, una riffa tra bifolchi, una seduta psichiatrica familiare in cui mancava solo il cuscino del dialogo, il gioco della Spurchia e la caccia al cinghiale.

Massimo dà di matto e rivela la sua vera identità: lui non è, come tutti avevano immaginato, uno dei tanti amici di Giulia uscito da una comunità di drogati, ma il figlio terzogenito della dinastia dei Marinelli, una delle cinque famiglie più ricche d’Italia. Lo sbrocco/rivelazione non lo aiuta però con Giulia, che lo molla.
Massimo torna a casa sua a trascorrere il giorno del Natale con la sua famiglia che sarà senz’altro più raffinata, ma non meno complicata, tra un filippino che si suicida, una sorella fragile, un fratello che studia la vita dei santi e il padre che il giorno di Natale aspetta i risultati delle vendite in Sud America convinto che il figlio Baldovino abbia combinato un casino e determinato a sostituirlo con Massimo. Nel marasma causato dal suicidio del filippino, a casa Marinelli si ritrovano anche due carabinieri che indagano sull’accaduto.
A ‘sto punto, Giulia se deve esse fatta du conti e compreso che nun je conviene mollà Massimo e si presenta anche lei a casa Marinelli…

Dopo lo spiegone la domanda sorge spontanea: come è, veramente, Ogni maledetto Natale? La costruzione narrativa è solida, con i rimandi alla storia dell’Umanità che fa tanto la kubrickiana alba dell’Uomo anche se è realizzato come gli episodi di SuperFantozzi. La divisione a due facce, con la famiglia bifolca e quella “principesca” strutturate a specchio con gli attori che interpretano lo stesso ruolo da prospettive diverse funziona. La storia in sé è fragile, ma soprattutto lo sono i due protagonisti Massimo/Alessandro Cattelan e Giulia Alessandra Mastronardi quasi schiacciati da due ruoli normali in mezzo a una miriade di eccellenti caratterizzazioni. Questo è la forza di Ogni maledetto Natale: i personaggi eccessivi, ma comunque veri (pensate al Tiziano Colardo di Mastandrea quando chiede “Sei di Roma, dove? -Trastevere. -C’è un ferramenta là vero? -Credo di sì. A chi non è capitato l’amico di provincia che ti chiede “vicino al forno?” Oppure “lo conosci Massimo?”, come se ce ne potesse essere uno e uno solo). Ogni maledetto Natale è popolato da una sequenza di personaggi divertenti quasi da farti sentire male: lo zio Sauro e il filippino Banji di Corrado Guzzanti; il carabiniere terribilmente in parte ma incredibilmente svogliato di Sartoretti; il capofamiglia di Pannofino, quello bifolco e quello capitano di industria incredibilmente vicini a essere due facce della stessa moneta, egoisti e disposti a fare di tutto per tenere unita la famiglia purché si può fare la battuta di caccia al cinghiale o licenziare il figlio che non ottiene i risultati sperati. Mastandrea è perfetto come gli capita spesso.

forrst gump**** La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare

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