Vai al contenuto

Visioni successive – Verdone Verdone del reame chi è er mejo fico der bigonzo?

Posti in piedi in paradiso è un film imperfetto, sotto alcuni aspetti mediocre. Tre padri divorziati messi in bolletta dagli assegni familiari vanno a vivere insieme per dividere l’affitto. Uno è un produttore discografico (Verdone) finito in disgrazia ridotto a vendere vinili rari su eBay; c’è il giornalista (Favino) che ha rovinato una carriera importante per una storiella da epistola con la moglie del capo; la sciagura economica delll’agente immobiliare (Giallini) sono le due famiglie e i tre figli.
La materia è interessante e – vorrei aggiungere – di attualità. Verdone ovviamente evita ogni complicazione riguardante i diritti dei padri e la butta sul patetico, dipingendo le difficoltà dei tre e giocandoci sopra per un paio d’ore.
Verdone cuce con la mano ferrata alcuni passaggi come i flashback delle vite dei tre protagonisti, passando dal presente al ricordo con un effetto degno di Windows Movie Maker; altre scene sono immaginate con il gusto del documentarista – come quella della seduzione al Maxxi, degna di uno speciale sull’accoppiamento delle scimmie sub-sahariane.
Altri nodi narrativi sono risolti come avrebbero fatto 50 anni fa Totò e Peppino (il furto, con Giallini che “distrae” la padrona di casa mentre Favino e Verdone sbagliano finestra e si ritrovano nell’abitazione di due anziani pensionati). Una soluzione narrativa suggerita probabilmente dall’inappropriatezza dei risvolti drammatici in un film macchiettistico, con Verdone che si ritrova per le mani tre personaggi dal potenziale comico  ma non sapere poi, effettivamente, cosa farne. Fino a rifugiarsi nel catartico viaggio finale in soccorso della figlia di Verdone a Parigi, che ricorda tanto un altro viaggio, a Istanbul, ne Il mio miglior nemico.
Fin qui i difetti, tanti, inutile nasconderli. Nella sua ricerca della commedia sofisticata Verdone ha dimenticato chi è: non è mai stato una penna sopraffina o un attore consumato ma un vigoroso ritrattista di certi difetti e certi limiti italici, ridotti probabilmente a essere raccontati dentro il Raccordo Anulare. Li conosce tanto bene che li ha fatti suoi, come la presuntuosa convinzione si poter fare anche quello che è lontano dalle proprie corde. Non capire i propri limiti, il primo peccato di certa romanità.
Peró, qualcosa di buono c’è. Il film fa ridere perché Verdone questo almeno lo sa fare. Sa scegliere gli attori. Giallini è stato rovinato dal doppiaggio (spero che qualcuno mi spieghi il perché di questa piaga italica) e le uniche battute buone sono sparate nel trailer. La sorpresa sono Favino e la Ramazzotti. Il primo era l’unico attore in scena a cui era chiesto un po’ di spessore. E benché non sempre riesca, la sua macchietta del giornalista imbranato che si ingozza al buffet delle conferenze stampa è perfetto – forse perché l’attore ne ha visti troppi.
Anche la Ramazzotti è brava. Forse troppo giovane per interpretate una cardiologa ma, si sa, certi dettagli contano poco per chi è convinto alla Ed Wood che la magia del cinema renda cieco lo spettatore. La signora Virzì, però, arricchisce il suo personaggio con delle caratterizzazioni divertenti che mi hanno positivamente sorpreso.
Come sorprendono le poppe di Nadir Caselli, un vero effettone speciale da cassetta per Verdone che un film non lo sa girare senza cadere nei cliché ma la fica l’ha sempre scelta bene.

La battuta
I soldi per il viagra ce li ha, pe’ tre petti de pollo no.

** Ragazzi, state commettendo un grosso sbaglio.

Lascia un commento