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Prima visione – Mai più Shrek

Prolusione ovvero il corto alla Pixar

Giornalista professionista numero 1: “Ciao come stai?”

Giornalista professionista numero 2: “Eh, tiro avanti, lavoro la mattina e poi sto tutto il giorno al letto per cercare di sopportare il caldo”

Giornalista professionista numero 1: “Come mai alla proiezione?”

Giornalista professionista numero 2: “Guarda, i cartoni animati li odio tutti tranne Toy story e Shrek. Sono stata così contenta dell’ultimo Toy story, fin dal primo episodio mi sono chiesta che fine avrebbero fatto i giocattoli quando il loro padrone sarebbe andato via di casa.” 

Giornalista professionista numero 1: “Io sono stato a Londra a vedere un bel film” – (disse con tono di autocompiacimento). 

Giornalista professionista numero 2: “Davvero? Cosa?” (disse mascherando malamente un “e ‘sti cazzi”).

Giornalista professionista numero 1: “Ho visto Inception di Nolan. Ho intervistato DiCaprio, Nolan.” – (Il tono di autocompiacimento sale di un livello).

Giornalista professionista numero 2: “Come si chiama il film?”

Giornalista professionista numero 1: “Inception”

Giornalista professionista numero 2: “Come?”

Giornalista professionista numero 1: “I N C E P T I O N… Poi sabato sono stato a pranzo con Moretti… Con Nanni” (Il tono della voce maschera malamente un “tie vecchia”).

Giornalista professionista numero 2: “Ahhh come sta?” (della serie l’ho visto due settimane fa, ho cose più importanti da fare come contare gli inviti alle anteprime a cui non andrò mai ma farò lo stesso una recensione ma tienimi aggiornata dovesse morire prima di me)

Giornalista professionista numero 1: “L’ho visto bene non è dimagrito” (il tono di autocompiacimento è salito di tre livelli con una leggera inflessione da aperitivo alla milanese al Doney, e evidentemente Nanni ha cucinato personalmente). “Mi ha invitato alla Sacher, sai pensavo mi avrebbe rifilato un rigatone pomodoro e basilico e invece orecchiette al pesto” (Sarebbe stato il caso di chiedere se con o senza pecorino ma non me la sono sentita di intervenire, ero troppo preso dal menù del vertice cinematografico).

Giornalista professionista numero 2: “Ma quanti anni ha Nanni?” (Ovvero, quanto gli resta da vivere?)

Giornalista professionista numero 1: “57!”

Giornalista professionista numero 2: “Per me resterà sempre uno splendido quarantenne”

Arriva una terza persona, scialle sulle spalle che nasconde un’elegante canottiera blu e una gonna plissettata bianca

Giornalista professionista numero 2: “Ma sei bellissima” (con tono acutissimo)! “E questa gonna è meravigliosa, ma come stai bene” (Intendendo forse che altre volte non l’ha vista poi così bene?)

La terza voce: “Grazie mi fa piacere che ti piaccia l’ho comprata a Cannes” (Della serie, ho speso duemila euro solo per poterlo dire a una proiezione che sono stato a Cannes)

Nel frattempo, il Giornalista professionista numero 1 è colto da improvvisa sindrome di Tourette e ogni tanto urla un nome fragorosamente. Un tizio in fondo alla sala si gira e cerca qualcuno nella sala, il Giornalista professionista numero 1 affonda nella serie e nasconde mezza faccia dietro una mano.

Giornalisti… simpatici burloni. Mi viene in mente Bennato “nella mia categoria tutta gente poco seria di cui non ci si può fidar”…

Our feature presentation

shrek4C’è un qualcosa di paradossale nella storia di un film nato per dissacrare favole e fiabe, puntando direttamente al cuore della più potente macchina di anestetici a base di fiabe e favole della Terra, e che non è riuscito a sconfiggere il Grande Satana del marketing hollivudiano ma ne è stato, a sua volta, risucchiato. Shrek è diventato l’ennesimo marchio, l’ennesima franchigia e, come le favole che voleva distruggere, è finito divorato.

Estate 2010, Shrek torna ancora una volta e, dopo due sequel discutibili, reinventa se stesso. Il nostro eroe è stressato dalla monotonia della vita familiare e dai turisti che visitano la sua palude come se fosse Beverly Hills o Hollywood. Così firma un patto magico con Tremotino per tornare a vivere almeno un giorno da orco vero. Però, ogni patto ha una clausola capestro e Shrek è catapultato in un futuro alternativo in cui non ha mai liberato Fiona dall’incantesimo, il perfido Tremotino è il signore della terra di Molto Molto Lontano, le streghe vessano il popolo e tutti gli amici di Shrek se la passano male.

Shrek e vissero felici e contenti sembra Ritorno al futuro II, quando Marty si ritrova negli anni Ottanta alternativi in cui Biff è il padrone di Hill Valley. La sua stessa esistenza è in pericolo. Un po’ come in “La vita è meravigliosa” gli amici non lo conoscono più, le famiglie sono state sciolte e se entro la fine della giornata non darà un bacio di vero amore a Fiona, che è finita nei boschi a organizzare la resistenza, lo stesso Shrek non sarà mai esistito.

La Dreamworks mette in piedi un action movie in cui il 3D è funzionale alla storia, – per una volta ci viene da dire pensando agli ultimi flop di Alice in Wonderland, Scontro tra titani e Toy Story 3 – e in cui i valori da cartone animato per grandi e piccini (c’è la crisi, sii grato per quel che hai, baby) avranno anche mostrato un po’ la corda ma nessuno ce li vende come la novità del momento. E finalmente, guardando soprattutto agli episodi 2 e 3, una buona idea è tradotta con un allestimento che sprizza personalità. Eppoi, la storia diventa una scusa per fare un reload di alcuni dei pezzi forti della serie: Shrek dovrà di nuovo far innamorare Fiona, Ciuchìno dovrà trovare la sua strada per essere un eroe mentre un bolso Gatto con gli Stivali va alla ricerca della gloria – e la forma – perduta. Lo stesso cast delle voci sembra rigenerato anche se la sorpresa è il carisma di Walt Dohrn (Tremotino) mentre paga in pieno la scelta di spessore fatta per alcuni personaggi minori, affidati a Jon Hamm (il Don Draper di Mad Men) e Craig Robinson (tra i favoriti della scuderia Apatow).

Shrek e vissero felici e contenti è una buona scusa per trascorrere un’ora e venti di intrattenimento cercando di strappare sorrisi senza andare troppo per il sottile, e promettendo, per una volta, che il gioco è davvero finito. Lo spero, dubito che la prossima mi beccherete di umore così buono.

3 buono***
È stata la cosa più divertente che ho fatto senza ridere

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