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Visioni (di molto) successive – Non guardargli la faccia

thisisenglandShaun Field ne ha combinate tante di cose per i suoi primi dodici anni: risse a scuola, membro di una gang di punk, prima, e di skinheads, dopo, rapina un negozio, aggredisce dei coetanei pachistani, pomicia con una ragazza grande il doppio di lui, assiste al quasi omicidio di un suo amico. Nessuna di queste avventure può dirsi tipica per quello che noi considereremo un ragazzino di dodici anni.
Shaun ha un peccato originale: la mano della morte ha toccato lui e la sua famiglia, la guerra delle Falkland gli ha portato via il padre, la nazione ha preteso il suo tributo e a quanto pare non offre niente in cambio. Il panorama in cui si muove Shaun è un degradato contesto suburbano di provincia, la provincia inglese del nulla in cui l'unica attività del tempo libero è giocare con la fionda cercando di colpire i rifiuti, fermarsi a pensare su un relitto di scialuppa abbandonata sulla spiaggia, girare in bicicletta in un edificio abbandonato.
I giovani inglesi vivono sperduti come dei piccoli selvaggi, ma inoffensivi, a suon di musica rock e con l'uniforme di ordinanza – Doc Martens, camicia, capelli rasati – che li fa sentire tutti appartenenti ad un'unica famiglia. Non stupisce che da queste latitudini arrivino i suoni che segnano le nostre vite: o ti sfoghi con una chitarra o spacchi teste allo stadio. E non è un caso che il film sia accompagnato proprio da quei suoni che, a loro modo, hanno cambiato, o meglio, raccontato un mondo che cambiava.
Shaun così trova una nuova famiglia, bizzarra, divertente, protettiva. Ma presto un elemento esterno entrerà nella sua vita e sconvolgerà questo equilibrio. Il nichilismo punk si trasforma nella violenza razzista degli skinheads. La vita di Shaun non sarà più la stessa.
This is England di Shane Meadows è girato con uno stile talmente sincero e punta così dritto al cuore dei problemi, il subbuglio interiore e allo stesso tempo sociale di un'epoca e di una nazione, che sembra un documentario. Tanta sincerità e realismo sono certamente frutto delle esperienze giovanili del regista, che ha messo tutto se stesso dentro questo film che, oltre a percorrere una strada accidentata verso la catarsi personale, sembra chiudere violentemente un capitolo del cinema anglosassone, in cui gli anni della Thatcher era lo sfondo per sorridere delle disgrazie individuali e cercare sempre un finale consolatorio.
In This is England non c'è niente di tutto questo, c'è solo il disagio nefasto di una nazione che offre ai suoi figli solo di morire sui lontani scogli argentini mentre ai sopravvissuti non resta che tornare dalle fidanzate, dai padri, dalle madri, abbracciarli e sperare, pur essendo irrimediabilmente cambiati dalla guerra, toccati o sfiorati dall'angelo della morte. L'Inghilterra è questo: violenza, guerra, il nulla submetropolitano, skinhead nazisti, punk fannulloni. Il sociale dà lo sfondo al personale si inserisce sulla politica nazionale e poi torna nel personale. Questo continuo avanti e indietro è interrotto solo alla fine, quando in un paesaggio post industriale e post guerra, tra relitti e spiagge abbandonate, shaun getta l'ultima bandiera e la guarda affogare. Poi ci fissa negli occhi e sembra dire “Questa è l'Inghilterra”.
 
4 buono****
la vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare

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