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Prima visione – Belle le villette isolate in riva al lago però…

funny_games_poster3_horrorIl vostro amatissimo è uscito alquanto interdetto dalla proiezione di Funny Games di Michael Haneke. Eccomi là. Cioè Steutd e i miei colleghi drughi. Eravamo seduti nel Cinema Quattro Fontane in Roma, arrovellandoci il gulliver per capire cosa scrivere di questa pellicola. Dovete sapere che in un bar nei pressi del Quattro Fontane servono il "caffè+ ", cioè diciamo caffé rinforzato con qualche droguccia mescalinica, che è quello che stavamo bevendo con i colleghi. È roba che ti fa robusto e disposto all’esercizio dell’amata ultra – recensione e soprattutto a non farti addormentare in caso di proiezione pallosa.

Insomma, si tratta di un remake di un film del 1997 che lo stesso Haneke scrisse e diresse. Nell’ineffabile pressbook che ha accompagnato la nostra discesa nella sala già un po’ alterati dal caffé+,  troviamo le parole del regista che spiega i motivi di questa scelta: “All’inizio è stata un’idea del produttore. Ci ho pensato e mi sono detto che una versione in inglese era forse il modo migliore di raggiungere l’obiettivo che mi ero dato 10 anni prima”. La mia idea è che l’obiettivo fosse di diventare ricco o ancora più ricco.

Perciò, trasferisce negli Stati Uniti, in riva ad un lago attorniato da tante villette extralusso, la vicenda di Peter e Paul, due giovani serial killer psicopatici molto educati e con un lessico abbastanza ricco, che decidono di fare irruzione nelle case benestanti dell’alta borghesia a stelle e strisce per massacrare i malcapitati senza privarsi del divertimento di giocare al gatto col topo. Qui la vicenda si trasforma in un’interminabile attesa dell’atto cruento, sempre evocato e mai pienamente consumato, scandito dal passare ineludibile ed incessante del tempo, dallo spegnersi del sole, l’arrivo della notte, o il suo nuovo sorgere in una mattina nuvolosa e in cui si annuncia tempesta e vento.

Così come annuncia tempesta e vento il comportamento dei due psicotici, per niente lombrosianamente vicini all’idea di pazzo assassino ma due sani “ariani”, abbastanza acculturati e sempre pronti ad apprestarsi a somministrare una dose del dolce su e giù ad una giovane e piangente devotchka catturata a questo scopo ed interpretata da Naomi Watts, nell’occasione anche nelle vesti di produttrice esecutiva.

In tutta questa vicenda, si ha sempre il dubbio che l’obiettivo di Haneke e, soprattutto, di Peter e Paul, non sia il divertimento a scapito delle vittime ma alle nostre spalle. Ciò che interessa è il pubblico in sala. Ecco perchè assistiamo a scene con voce fuori campo, in cui è il soggetto che ascolta – per lo più minacce – ad essere inquadrato, gli occhi della telecamera a scavare instancabili nella sua sofferenza; la violenza è preparata, evocata, raccontata, spesso con un gioco psicologico perverso senza, come anticipato, trovare mai completa espressione sullo schermo; Haneke fa dei “funny games” con le sue vittime e, in ultima battuta, col pubblico: spara musica heavy metal a tutto volume come facevano nelle celle di prigionia di Abu Ghraib, e come probabilmente è scritto nel manuale del perfetto torturatore; in un paio di occasioni, il carismatico Paul parla direttamente con il pubblico e, ad un certo punto, fa il rewind di una scena come potremmo fare noi a casa nostra con una videocassetta o un dvd, per cancellare un risvolto imprevisto a lui sfavorevole. Le vittime non possono salvarsi, sono condannate fin dall’inizio, e sono loro stesse, con la loro stupidità, a condannarsi: come quando, lasciate stranamente sole dai propri carcerieri, perdono tempo ad asciugare un telefonino con il phon invece di fuggire nel buio della notte.

Stai attento, stai bene attento, caro lettore, se della vita la continuazione a cuor ti sta. Forse Haneke ci vuole far capire che il destino di noi opulenti occidentali è di finire sbriciolati sotto i colpi degli psicopatici che ci assediano, pronti a farsi esplodere nei nostri treni, nei nostri grattacieli, nelle nostre metropolitane (Peter e Paul sono vestiti completamente di bianco, come vuole il manuale del perfetto kamikaze). O forse il caro Michael era “Doobidoob”, forse un po’ stancuccio ed ha pensato che avrebbe fatto meno fatica a rigirare un film già pronto, che a scriverne uno completamente nuovo.

Però, alcune lezioni ce le ha suggerite.

Ecco un piccolo elenco che ho preparato ancora sotto l’effetto del caffè+ che tutto d‘un tratto mi ha fatto capire che il pensare è per gli stupidi, mentre i cervelluti si affidano all’ispirazione:

  • Le case isolate saranno forse belle ma sono pericolose;
  • Se vivete in una di queste case e degli sconosciuti fanno irruzione in casa vostra, sappiate fin da subito che le case vicine a voi saranno deserte, anche se è il 15 di agosto;
  • I figli dei ricchi sono fifoni, alquanto sciocchi e non sanno giocare a nascondino;
  • Le donne spaventate perdono muco dal naso;
  • I ricconi sono degli inermi con le ginocchia fragili come un grissino e anche piagnoni;
  • I ricchi vittime di aggressioni in casa sono sempre dei liberal che aborriscono l’uso delle armi e in casa non ne hanno;
  • Se uno psicopatico decide di uscire in barca a vela con un pessimo tempo, indosserà sempre una incerata gialla;
  • Un cellulare caduto nell’acqua riprende a funzionare lentamente, e poi si scaricano le batterie.

E adesso, andiamocene a casuccia a farci un po’ di spatchka. Right right?

2 e mezzo buono

**½

Non sei andato malissimo ma neanche troppo bene… come il Tottenham

4 pensieri riguardo “Prima visione – Belle le villette isolate in riva al lago però… Lascia un commento

  1. Ma l’originale l’hai visto? Perchè molte delle cose che hai scritto sono tali e quali all’originale. Mi sa che forse Haneke ha fatto una copia perfetta del suo primo film, cambiando solo gli attori.

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  2. Ecco appunto, da come lo descrivevi pareva praticamente la copia esatta. Non so che senso abbia un’operazione del genere, comunque a me l’originale è piaciuto parecchio, quindi dovrebbe piacermi anche questo.

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