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Visioni successive – Per cortesia, non portatemi lettere

barleyHa vinto la Palma d’Oro al Festival di Cannes del 2006 ma io l’ho visto solo ieri sera. Ho adorato “Il vento che accarezza l’erba” come ho amato altri film di Ken Loach, “Terra e libertà” ad esempio: la sua visione della storia è di parte, è sincera, è disperata. Qui racconta piccole vicende di oscuri militanti dell’IRA, in lotta contro l’impero britannico negli anni ’20 del secolo scorso per liberare l’Irlanda.
È stata la verità a colpirmi: lui, inglese, che raffigura i soldati del Regno Unito come degli animali abbrutiti dalla guerra, dalle battaglie di trincea sulla Somme e dall’odio verso i cattolici e gli irlandesi. Li ha raccontati come soldati nazisti, ne più, ne meno.
L’onestà di Ken Loach nel raccontare colpisce come un pugno allo stomaco ma non come altri registi farebbero, stupendoti “con effetti speciali”, giochi particolari, luci ad effetto. Lo fa spiattellandoti la nuda verità, nella sua crudezza, sul grande schermo. I primi dieci minuti sono agghiaccianti: un gruppo di ragazzi gioca ad hockey sulla verde erba irlandese – l’erba è dappertutto in questo film, nel titolo e quasi in ogni scena, cosicché il vento che la accarezza sembra essere quello della storia sempre uguale se stessa – e vengono raggiunti da una squadraccia dell’esercito inglese che li perquisisce, li interroga ed alla fine uccide uno di loro solo perché si rifiutava di pronunciare il proprio nome in inglese. È la scintilla che fa scattare nel cuore di Damien – interpretato da un intenso Cillian Murphy – la scintilla della ribellione; lui il cui unico sogno era di diventare medico e guarire le persone, sarà costretto ad uccidere soldati inglesi e i traditori delal causa che erano suoi amici di infanzia. Una delle tante cose crudeli che Loach ci racconta con tanta onestà è proprio questa: la storia costringe i suoi piccoli protagonisti a fare delle cose che non avrebbero mai immaginato, a lordarsi le mani del sangue dei nemici, degli amici, dei fratelli e delle donne che amano. Tanto più alti sono i nostri principi, più in là ci spingeranno nel cercare di realizzarli, tanto più difficile sarà accettare un compromesso. Una lezione valida allora ma ancor di più oggi.
Un’altra cosa che Loach vuole dirci è che da un torto può seguire solo un altro torto, che la storia delle nazioni è destinata a fare sempre conto pari, spesso alle spese degli uomini e delle donne semplici.
Oltre al microcosmo della storia, Loach pone l’obiettivo su alcune ragioni politiche e sociali che portarono la lotta di indipendenza irlandese a sfociare nella guerra civile. Se vogliamo è come se fosse un approfondimento di “Michael Collins”: si entra con il bisturi nelle divisioni tra marxisti e liberali che nel film di Neil Jordan non erano neppure accennate, mentre qui, probabilmente per la personalità del regista, sono amplificate. Alla fine restano solo le lettere dei condannati a morte, consegnate ai propri assassini per farle leggere alle persone che amano, uccisi uno dopo l’altro da un soldato o da un amico o da un fratello e seppelliti nell’erba d’Irlanda.

4 pensieri riguardo “Visioni successive – Per cortesia, non portatemi lettere Lascia un commento

  1. Questo film mi ha sempre stuzzicato, però non ho ancora avuto l’occasione di guardarlo.
    Sicuramente lo farò non appena mi sarà possibile.
    Grazie per la recensione e grazie per il tuo commento da me!

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  2. Questo film mi ha sempre stuzzicato, però non ho ancora avuto l’occasione di guardarlo.
    Sicuramente lo farò non appena mi sarà possibile.
    Grazie per la recensione e grazie per il tuo commento da me!

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  3. Molto bello! Di Loach ho visto solo questo e Paul, Mick e gli altri totalmente diverso per stile e tema trattato. Per quanto riguarda la tua recensione, devo dire che sono sostanzialmente d’accordo. La scena che ha avuto più effetto su di me è stata quella della tortura con conseguente rimozione delle unghie…

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